Berna, Sindaco offende gli italiani, l’Ambasciata tace

ROMA  – “Il sindaco di Berna, Alexander Tschäppät, in occasione di una sua performance satirica nella prima metà del mese di dicembre 2013, ha proferito battute di chiaro stampo razzista nei confronti dei cittadini italiani emigrati in Svizzera, attingendo a un repertorio tanto disgustoso quanto antico e abusato: dalla bassa statura, dovuta alle mamme italiane che incitano i figli a non crescere troppo per evitare di dover lavorare, ai napoletani che non possono svolgere più di un mestiere perché a stento ne vogliono fare uno”.

A portare il caso all’attenzione del Senato è stato Claudio Micheloni, senatore Pd eletto in Europa e residente in Svizzera, che ha presentato una interrogazione al Ministro degli Esteri Bonino per sapere perché l’Ambasciata italiana a Berna non abbia protestato ufficialmente contro le dichiarazioni del sindaco.

– Tali battute, riportate su un organo di stampa elvetico, il quale non ha mancato di stigmatizzarne la natura discriminatoria, – ha spiegato Micheloni – hanno suscitato indignazione non solo nella comunità italo-svizzera e in Italia, ma anche nell’insieme della società elvetica, come attestano le numerose e autorevoli testimonianze di solidarietà (tra le quali particolare rilievo assumono quelle di esponenti dello stesso Partito socialista cui appartiene il sindaco della capitale elvetica, quali il presidente del PSS Christian Levrat e l’ex presidente del Consiglio nazionale della Confederazione Claude Janiak) ricevute dal segretario del PD in Svizzera, Michele Schiavone, autore di una tempestiva protesta; in Italia, tuttavia, alcuni esponenti politici della Lega, il segretario cittadino e il segretario provinciale di Varese, avrebbero ritenuto di distinguersi negando che si possa attribuire alla satira una natura discriminatoria e riconoscendo “il fondo di verità” (riferito ai meridionali) che caratterizzerebbe le “barzellette” proferite dal sindaco della capitale elvetica.

Il senatore Pd ricorda:

– Nella Confederazione elvetica si avvicina l’appuntamento con il referendum contro “l’immigrazione di massa”, promosso dalla destra xenofoba per abrogare gli accordi di libera circolazione e tornare alla politica dei contingenti di lavoro. Tale consultazione popolare si inserisce in un contesto non privo di tensioni, nel quale forze politiche prive di scrupoli sono impegnate a fomentare l’intolleranza per aumentare consensi e radicamento, mentre le forze democratiche e la stessa Confindustria, consapevoli del contributo fondamentale apportato dall’immigrazione allo sviluppo dell’economia e della società elvetica, si battono contro il tentativo di ripercorrere all’indietro le tappe di un processo di integrazione difficile e sofferto ma ormai maturo e proficuo; la comunità italiana in Svizzera è di gran lunga quella numericamente più consistente (15 per cento della popolazione, mentre gli immigrati raggiungono complessivamente il 24 per cento), protagonista di una lunga storia di lavoro, sacrifici, sofferenze e lotte per il riconoscimento della pari dignità civile, sociale e culturale, nonché per evidenti motivi una delle comunità italiane all’estero maggiormente legate alla patria d’origine, non solo da un punto di vista affettivo e morale, ma anche economico”.

Micheloni stigmatizza:

– L’ambasciata italiana in Svizzera, in seguito ad una specifica indicazione del Ministero degli affari esteri, ha ritenuto di non intervenire nella vicenda, che pure ha ferito i sentimenti dei nostri concittadini residenti in Svizzera oltre alla dignità del nostro Paese. Dopo due settimane di polemiche e una denuncia penale per discriminazione razziale promossa dal giurista Carlo Alberto Di Bisceglia, dichiaratosi pronto a ritirare la denuncia in caso di scuse pubbliche (nonostante le intimidazioni anonime ricevute in seguito alla sua iniziativa), il sindaco di Berna ha ritenuto di respingere in blocco tanto le accuse di discriminazione quanto l’eventualità di scusarsi, limitandosi ipocritamente ad esprimere un rammarico ipotetico (nel caso in cui le sue battute avessero offeso qualcuno) e dichiarando di non potersi scusare per non alimentare il sospetto di agire per timore dell’azione legale, sospetto che egli ritiene evidentemente più grave e importante delle conseguenze della sua irresponsabile volgarità.

Il senatore, dunque, chiede di sapere “quale sia il motivo per cui né l’ambasciata italiana in Svizzera, né il Ministero degli affari esteri, né il Governo hanno ritenuto finora di protestare per l’accaduto” e “se il Ministro in indirizzo ritenga di intervenire quanto prima per restituire dignità all’immagine dell’Italia, affinché sia riconosciuto il valore dei sacrifici compiuti dai cittadini italiani emigrati all’estero in cerca di lavoro, in particolare nella Confederazione elvetica, e perché non siano lasciate sole, in virtù di non si sa quale paradosso dell’arte diplomatica, quelle tante forze sane della società svizzera che si battono contro il ritorno di un passato di intolleranza che tutti ricordano, o dovrebbero ricordare, con dolore e profondo rispetto e gratitudine nei confronti dei concittadini che ne hanno subito le conseguenze”.

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