Canale di Panama: anche il governo italiano scende in campo

MILANO. – Il Governo scende in campo nella vicenda dell’ampliamento del Canale di Panama mentre è corsa contro il tempo per evitare la sospensione dei lavori. Al centro del braccio di ferro tra le autorità del Paese sudamericano e il consorzio Gupc (di cui è capofila la spagnola Sacyr) ci sono extra-costi per 1,6 miliardi di dollari. Della partita è anche l’italiana Salini-Impregilo (al 38% del consorzio), forte ora dell’appoggio dell’esecutivo che segue con la massima attenzione la situazione e ha avviato tutti i contatti necessari. E sull’impasse c’è anche l’interessamento dell’Unione europea. Il vice presidente della Commissione Antonio Tajani si è detto ”pronto a intervenire” auspicando ”una soluzione positiva”. La questione è delicata con il consorzio che ha minacciato lo stop nei lavori dal prossimo lunedì e l’amministratore del Canale, Jorge Quijano che lo ha indicato come ”probabile”. Le diplomazie sono da giorni al lavoro. Sull’asse Panama-Madrid-Roma si cerca di superare lo stallo con le trattative che proseguono ad oltranza e con il fine settimana che appare decisivo. Pietro Salini ha incontrato il ministro delle infrastrutture, Maurizio Lupi e l’a.d del gruppo Salini-Impregilo con l’imprenditrice Luisa Todini ha visto il consigliere economico del premier Enrico Letta, Fabrizio Pagani e il consigliere diplomatico Armando Varricchio. In una nota Palazzo Chigi spiega di seguire ”con la massima attenzione il contenzioso sui lavori per l’allargamento del Canale di Panama” che vede coinvolta anche l’italiana Salini-Impregilo e auspica che ”vengano ripristinate le condizioni affinché tali imprese possano proseguire nella loro opera e completare in tempi rapidi un progetto di portata strategica per l’economia mondiale”. Il Governo sottolinea, peraltro, di aver attivato tutti ”i contatti con i governi dei Paesi interessati e le istituzioni finanziarie internazionali ed europee che finanziano il progetto”. Tajani, che è responsabile per la politica industriale dell’esecutivo europeo, aggiunge che ”L’Europa è il principale investitore a Panama e quindi un interlocutore importante”. Se un’intesa non dovesse essere raggiunta l’Autorità del Canale potrebbe riappropriarsi del progetto a febbraio, non senza però conseguenze legali. La vicenda infatti approderebbe ad un arbitrato internazionale. In questo caso i tempi si allungherebbero (l’opera è già realizzata per il 70% e la chiusura dei lavori è prevista per la metà del prossimo anno) con conseguenze di non poco conto anche dal punto di vista economico. L’Acp tuttavia sostiene di avere mezzi propri per coprire le spese. Il numero uno dell’Autorità ha stimato che, a questo punto, il completamento costerebbe 1,5 miliardi di dollari. E in più sarebbero stati già avviati contatti con altri gruppi (alla finestra ci sarebbe l’americana Bechtel), in caso di fallimento delle trattative con il consorzio guidato dalla spagnola Sacyr.

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