Asse Pd-Fi, Italicum solo Camera. Ok Renzi, Senato abolito

ROMA. – Il Pd di Matteo Renzi spiazza le aspettative di molti osservatori anche sulla legge elettorale e stringe un nuovo accordo con Berlusconi su una soluzione che premia Ncd e Angelino Alfano: la nuova legge si applicherà solo alla Camera, mentre al Senato varrà il sistema proporzionale uscito dalla sentenza della Corte costituzionale dell’11 gennaio, con l’obiettivo, auspicato dal presidente del Consiglio, di varare nel giro di 12-18 mesi proprio la riforma che abroga l’attuale configurazione di palazzo Madama. Il nuovo accordo cambia in profondità lo schema di governo di Renzi, il quale puntava ad una legge elettorale immediatamente applicabile in entrambe le Camere. Ma lo schema rischiava di deteriorare i rapporti con Ncd e gli altri partner di governo che spingevano per una riforma che garantisse a tutti la durata della legislatura. In mattinata la quadra è stata trovata su un emendamento inizialmente presentato da due esponenti della minoranza interna del Pd, Giuseppe Lauricella e Alfredo D’Attorre, e riproposto da tutti i partiti minori. L’emendamento sopprime l’intero articolo 2 della riforma, quello che regolava l’elezione del Senato. L’Italicum quindi si applicherà solo alla Camera mentre al Senato si voterebbe, salvo abolizione della attuale Camera Alta, con il cosiddetto “Consultellum”, cioè il proporzionale puro figlio della sentenza della Consulta. Un sistema che, visto l’esistente tripolarismo, condannerebbe alle larghe intese (si commenta in Parlamento) mentre alla Camera ci sarebbe un vincitore. L’accordo è stato sancito da un comunicato di Silvio Berlusconi, al termine di una riunione di Forza Italia: oltre alla “disponibilità” sull’emendamento, è stato espresso “grave disappunto per la difficoltà del Presidente del Consiglio di garantire il sostegno della sua maggioranza agli accordi pubblicamente realizzati”. A sua volta Renzi ha parlato di “passo importante” sminuendo il fatto che non si legifera per il Senato, visto che si mira ad abrogarlo. Il premier ha pure glissato sull’attacco di Fi (“non capisco le polemiche”), sottolineando che comunque in settimana la riforma si farà. Certo, ora che è al governo “Renzi vuole durare”, come ha osservato la renziana Silvia Fregolent. All’assemblea dei deputati del Pd, il capogruppo Roberto Speranza ha chiesto ai suoi di ritirare tutti gli emendamenti, tranne quelli dell’accordo ed uno sulla parità di genere nelle liste. Speranza è stato accontentato, ma i parlamentari della minoranza hanno insistito sulla preferenza, su cui ci sono diversi emendamenti di M5s, di Sel e di Ndc, sui quali si voterà a scrutinio segreto. E il lettiano Marco Meloni non ha voluto ritirare il suo su questo tema. I più soddisfatti sono gli esponenti di Ncd che da Angelino Alfano a Renato Schifani, da Gaetano Quagliariella a Maurizio Saconi e Fabrizio Cicchitto, esultano. “Dobbiamo superare il Senato – ha scritto su twitter Alfano -, quindi legge elettorale solo per la Camera. Noi non siamo delusi da Renzi. Patti chiari, riforme certe”. Un modo per rassicurare il premier che Ncd non cincischierà. A questo punto il presidente del Consiglio punta tutto sulla riforma costituzionale che abroga il Senato, consegnando però le chiavi della macchina ai senatori – si ragiona in ambienti parlamentari – che potrebbero far slittare il più possibile la riforma che trasforma Palazzo Madama in una Camera delle Regioni dove loro non entreranno più. E questo potrebbe essere uno dei motivi di possibili perplessità del Quirinale – si rileva sempre in ambienti parlamentari – dove si teme che la riforma del Senato vada alle calende greche, benché si apprezzi il fatto che maggioranza e Fi si siano impegnate su questa riforma. La parola passa ora all’Aula della Camera che da domattina inizierà a votare. (Giovanni Innamorati/ANSA)

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