Pacchetto clima slitta: Barroso e Hedegaard soddisfatti, ambientalisti attaccano

BRUXELLES. – L’Unione europea non è ancora pronta a decidere gli obiettivi di riduzione di CO2 e la quota di energia da rinnovabili su cui puntare per il 2030. I leader dei 28 non sono riusciti a superare la spaccatura interna fra il gruppo più ambizioso della “crescita verde”, di cui fa parte l’Italia insieme ad altri 12 Paesi, e il blocco a Est guidato dalla Polonia. Il Consiglio Ue ha deciso così di non mettere nero su bianco nessuna cifra e di rinviare la decisione finale del pacchetto clima-energia “non oltre ottobre”, facendo rientrare però nella partita anche l’efficienza energetica, prima lasciata indietro. Soddisfatta la Commissione Ue, che vuole ottenere un via libera prima del termine del suo mandato, mentre piovono le critiche degli ambientalisti, che accusano i leader europei di favorire le lobby di gas e petrolio, proprio nel momento in cui l’Europa fa i conti con la sua dipendenza energetica dalla Russia. Decisamente più positivo il premier Matteo Renzi, secondo cui “in un momento di crisi anche di competitività europea, sul rapporto clima-energia-industria puntiamo al ruolo di leadership dell’Europa nel mondo”. “Se anche con sforzi riusciamo a fare questo lavoro, facciamo fare all’Ue il suo mestiere, quello di punto di riferimento mondiale” ha aggiunto il leader italiano. Una posizione in linea con quella della cancelliera tedesca Angela Merkel, “abbastanza ottimista” su un futuro accordo. Anche per il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, le conclusioni raggiunte sono “un inizio molto buono” e al summit Onu dei leader mondiali sul clima di settembre l’Ue potrà dire di avere target per il 2030 “pienamente in linea con gli obiettivi già ambiziosi per il 2050”. Non una parola però sulle cifre di questi target, una lacuna a cui provvede il commissario Ue al clima, Connie Hedegaard, secondo cui c’è un “segnale chiaro” che nella roadmap prevista per il 2030 si alluda ad un obiettivo di riduzione della CO2 del 40%. Lo scopo per Bruxelles è quello di mantenere un ruolo guida nei complessi negoziati che dovranno portare ad un accordo globale sul clima alla conferenza di Parigi del 2015. Un risultato a cui tiene molto la Francia, che sarà alla presidenza della riunione Onu. In assenza di impegni certi però gli ambientalisti attaccano: “Fiumi di soldi continueranno ad uscire dall’Unione Europea per entrare nelle tasche degli oligarchi russi, degli sceicchi arabi e dei soliti noti, da cui a parole vorremmo diventare indipendenti” accusa Luca Iacoboni di Greenpeace Italia. La speranza di alcuni, come per il Wwf Italia, è che Renzi faccia valere sul campo le sue ambizioni, cogliendo l’occasione della presidenza dell’Ue. “L’Italia – ha detto il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza – si deve attivare da subito per il raggiungimento di un accordo ambizioso” prima del summit Onu a settembre. Tappa decisiva dei negoziati a Bruxelles sarà il vertice Ue di giugno, dove si attende una discussione più accesa fra i due blocchi interni al Consiglio. “Questa volta la Polonia l’ha avuta vinta, ma probabilmente la prossima non sarà così” avvertono fonti comunitarie.

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