Riforme: Caos Senato, Fi su barricate ma Renzi non molla

ROMA. – Il governo presenta la riforma del Senato in commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama e ha subito un assaggio delle difficoltà che incontrerà, con diversi senatori della maggioranza che sollevano obiezioni. A fronte di questo scenario il premier Matteo Renzi sceglie un registro comunicativo di sfida a quanti oppongono resistenze alle riforme: “Se la classe politica italiana non accetta di fare le riforme – ha ammonito da Londra – è finita”. Messaggi contradditori, poi, arrivano non solo dal Pd e dalla maggioranza, ma anche da Forza Italia, con Renato Brunetta che ha attaccato a testa bassa, mentre Giovanni Toti e Paolo Romani che si sono mostrati più dialoganti. Oggi il ministro Maria Elena Boschi ha illustrato il testo della riforma del Senato e del Titolo V proprio nella “tana del lupo”, la commissione Affari costituzionali del Senato dove le riforme partiranno non appena il presidente Napolitano avrà controfirmato il ddl del governo. Boschi ha detto che il testo potrà essere modificato (per esempio ancorando il numero dei rappresentati dei Consigli regionali nel futuro Senato agli abitanti delle Regioni) fermo restando che “l’elemento imprescindibile è che non ci sia l’elezione diretta” dei senatori, e che la riforma sia varata dall’Aula del Senato entro le elezioni europee di maggio. Ma nel dibattito Boschi ha potuto ascoltare le obiezioni di senatori del Pd (Corradino Mineo) o della maggioranza (Mario Mauro) che chiedono di mantenere proprio il Senato elettivo. Vannino Chiti ha addirittura annunciato la presentazione da parte di alcuni senatori Pd di un ddl alternativo a quello del governo. A compensare ciò è arrivata una disponibilità al dialogo dalla Lega, con Roberto Calderoli e Roberto Maroni. Anche da Forza Italia i messaggi sono contraddittori: dopo l’apertura di Giovanni Totti, Renato Brunetta ha usato toni sferzanti con Renzi (“bluffa, vuole contrastare demagogia e populismo con demagogia e populismo”) e ha lanciato una serie di “niet”: ai 21 senatori nominati dal Quirinale, e alla eccessiva presenza di Sindaci in Senato (quelli delle maggiori città sono quasi tutti del centrosinistra cosa che renderebbe il Senato “rosso”). Ma nell’audizione di Boschi in Senato, il capogruppo di Fi Paolo Romani ha usato toni più morbidi: “Il processo riformatore molto coraggioso che il governo ci ha prospettato ci trova d’accordo nell’obiettivo finale” anche se ci sono divergenze in diversi punti specifici. Renzi si comunque è dichiarato fiducioso: “Non so cosa faranno altre forze politiche più piccole, però l’accordo tra maggioranza e anche Forza Italia mi sembra che regga”. E poi il nuovo guanto di sfida a chi frena o esita: “Adesso vediamo all’opera i senatori, vediamo chi è riformista solo a parole o chi lo è anche con il voto”. A drammatizzare la sfida c’è la sua minaccia della rottura: “Se pensano di avermi messo qui per fare la bella statuina, e poi loro continuano con le solite riforme a metà, hanno sbagliato persona. Io ci sto se si cambia. Se non si cambia che prendano un altro”. “La voglia di correre sulle riforme – ha incalzato Renzi – non nasce da un bisogno personale ma dalla necessità di dare risposte al Paese”. Insomma Renzi fa salire volutamente le aspettative dell’opinione pubblica, che diventa la principale pressione su chi frena, perché “I cittadini non si fanno prendere per il naso”. (Giovanni Innamorati/ANSA)

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