La Giornata Politica – Spaventa lo spettro di una “manovra bis”

ROMA  – La principale preoccupazione di Matteo Renzi in questo momento sembra quella di esorcizzare lo spettro della manovra correttiva. La sua campagna elettorale si basa infatti sull’inversione del ciclo economico ma la gelata del Pil, tornato improvvisamente negativo, ne erode le basi.

Il premier parla di dati poco significativi e in linea con quelli di un partner importante come la Francia. Tuttavia nel governo non tutti sono così sicuri: come dice il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, i numeri sono numeri e, se il trend negativo dovesse proseguire nel secondo trimestre 2014, i conti andrebbero rifatti.

Lo stesso Angelino Alfano ammette che si sta lavorando soprattutto per scongiurare una manovra bis. La speranza è che i 10 miliardi di euro messi nelle tasche del ceto medio aiutino il Paese a riprendere la via della crescita. Ma è stato proprio Renzi a far sapere che dal decreto Irpef (che contiene anche il taglio dell’Irap per le imprese) non ci si può attendere un effetto immediato nell’anno in corso. Dovrebbe incidere solo per uno 0,1 per cento; la previsione di una crescita dello 0,8 per cento, per quanto prudenziale, rischia di rivelarsi ottimistica se i dati non muteranno in fretta.

Il Rottamatore confida nell’esempio della Spagna che è tornata in territorio positivo con la riforma del lavoro, varata qualche mese prima dell’Italia, ma naturalmente sono previsioni tutte da verificare. Ciò spiega il nervosismo che serpeggia nella maggioranza. Il caos determinatosi sul decreto casa, con la ripetuta mancanza del numero legale alla Camera, ne è un segnale eloquente: la campagna per le europee dovrebbe giocarsi sui fatti concreti, ma la crescente pressione delle opposizioni, e in particolare delle forze euroscettiche, sta mettendo a dura prova i rapporti con i centristi e all’interno del Pd.

Il segretario Udc Lorenzo Cesa, per esempio, chiede al Pd di fare innanzitutto ordine in casa propria; il popolare Mario Mauro sostiene che sarebbero meglio le elezioni anticipate di una nuova manovra correttiva. Il motivo è semplice: il Paese non può sopportare nuove tasse e nuovi sacrifici. E’ il cavallo di battaglia di Beppe Grillo e di Silvio Berlusconi, sia pure da posizioni diverse. Il Cavaliere in particolare pensa di poter realizzare su una piattaforma di questo tipo la riconciliazione con il Nuovo centrodestra per una coalizione che abbia speranza di vincere le politiche.

In questo quadro, il caso del ”complotto anti-Cav” denunciato dall’ex ministro del Tesoro americano Tim Geithner non svolge un ruolo marginale. Berlusconi ha fatto sapere di non condividere il minimalismo di Giorgio Napolitano e di voler andare fino in fondo nella richiesta di una commissione d’inchiesta perché si è trattato di un’aggressione alla sovranità nazionale che ha portato ad un impoverimento generale con i governi Monti e Letta.

Il politologo americano Edward Luttwak, solitamente non tenero nei suoi confronti, parla di una congiura ordita da Merkel e Sarkozy che ne avrebbero parlato con Napolitano e Pisanu: Obama non si sarebbe prestato all’ operazione in quanto per gli Stati Uniti la democrazia è più importante dell’economia. Parole pesantissime che, in ultima analisi, ruotano attorno al ruolo di Ue e Bce in uno scenario mondiale che vede contrapposto il rigorismo di Bruxelles e Francoforte alle politiche espansive della Fed, della Banca centrale inglese e di quella giapponese.

Il governo, con il sottosegretario Ivan Scalfarotto, ritiene che tutto ciò abbia ormai una ”caratura letteraria”. Il braccio destro di Renzi, Graziano Delrio, spiega che il governo Berlusconi cadde per limiti intrinseci e comunque è contro l’idea dell’inchiesta. Tuttavia non ha torto Romano Prodi quando spiega che oggi il problema dell’Europa non è cambiare moneta ma una politica sbagliata, basata sul rigore invece che sullo sviluppo. Esportare con la necessaria forza questa linea a Bruxelles, alla vigilia del semestre di presidenza italiano, non è la cosa più facile per il capo del governo. Eppure l’ l’impressione è che sia anche l’unica via per convincere i delusi e i potenziali astensionisti il cui voto potrebbe all’ ultimo momento andare a ingrossare l’area della protesta euroscettica, con conseguenze imprevedibili sulla tenuta della maggioranza.

Pierfrancesco Frerè

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