La Giornata Politica: le ali ai piedi del governo

ROMA  – Matteo Renzi dovrà mettere le ali ai piedi del governo per far sì che il suo pacchetto di riforme abbia ricadute immediate sulla situazione economica. L’allarme lanciato dal governatore di Bankitalia non lascia molti dubbi: l’Italia resta un Paese fragile e per il 2015 potrebbe rivelarsi necessaria una manovra correttiva da 15 miliardi rispetto allo stime del Def. Ciò senza contare la potenziale stangata della Tasi (in alcuni casi in crescita del 60 per cento sull’Imu) che Forza Italia definisce già ”una patrimoniale occulta”.

Ciò spiega la girandola di incontri del premier con i suoi ministri, in vista del prossimo Consiglio dei ministri: un appuntamento che il Rottamatore vorrebbe trasformare nel trampolino di lancio di una serie di provvedimenti mirati ad innescare una ripresa più rapida. La velocità è tutto: si tratta di mettere in campo le iniziative prima del nuovo Consiglio europeo in cui si misureranno le forze tra popolari e socialisti.

Angela Merkel ha fatto sapere di voler imporre la candidatura di Jean-Claude Junker alla guida della Commissione Ue e dal nostro Paese tutti si aspettano che ottenga come minimo concessioni da Berlino sulla revisione della politica economica. Quello che Monti e Letta non hanno avuto. Del resto sono anni che l’Italia fa ”compiti a casa” senza avere niente in cambio e Renzi ha conseguito la sua schiacciante vittoria proprio sulla promessa di imporre i compiti anche a Bruxelles.

Come ha sempre ripetuto, per avere successo è essenziale che Roma si presenti agli appuntamenti comunitari con le carte in regola. Bisognerà vedere adesso se il premier riuscirà davvero ad ottenere carta bianca dagli alleati. Nunzia De Girolamo ha sottolineato che senza il Ncd il governo non ha maggioranza. Un modo per chiedere un coinvolgimento nel processo decisionale, sebbene i centristi siano consapevoli della loro relativa debolezza, figlia di un risultato elettorale inferiore alle attese.

Gli alfaniani puntano all’alleanza organica con l’Udc, ma il vero punto debole è un altro: la distanza dalla Lega che si sta riavvicinando a Berlusconi. Sacconi dice che sono in dubbio anche le intese per le regionali. Maroni replica che Alfano dovrà scegliere prima o poi se stare con il centrodestra (che è all’opposizione) o con il Pd. In realtà la vittoria renziana sta determinando un panorama che si potrebbe definire a geometria variabile.

E’ valido per il Ncd, ma anche per Fi, Sel e M5S. Per tutti sono cambiati i punti di riferimento. Gli azzurri hanno fatto, secondo Alfano, una scelta ”lepenista”: tuttavia se sulle loro posizioni ci sarà la convergenza di Fratelli d’Italia, il Ncd resterà isolato al centro. Quello dell’isolamento è un rischio che corrono anche i vendoliani. Non a caso nel partito c’è chi ha ventilato la possibilità di confluire prima o poi nel Pd. Il governatore della Puglia ha individuato la mediazione nella ”opposizione non pregiudiziale”, formula che accontenta per ora un po’ tutti. Sinistra di governo non significa sinistra nel governo, argomenta Vendola con una dialettica forse un po’ troppo sofisticata per chi chiede risultati concreti e veloci.

Le geometrie variabili valgono anche per Grillo che non ha gradito né la diffusione del documento interno che lo mette sotto accusa, né le critiche all’incontro con Farage. Il vicepresidente della Camera Di Maio fa il pompiere e dice che si è trattato di una ”trappola mediatica” della stampa ostile, ma ammette che la comunicazione del movimento va ”ottimizzata”. Per i 5 stelle, l’intesa con il gruppo inglese di Farage dovrebbe essere solo una mossa tattica ”per fare massa critica”, una specie di matrimonio di convenienza. Nel gruppo europeo i grillini manterrebbero la loro autonomia perché, come spiega il leader cinto simbolicamente di una corona di spine, l’Efd lascia libertà di voto: l’interesse è quello di avere insieme una forza d’urto nel Parlamento di Strasburgo. Un fatto è certo: difficile convincere la base che in Italia le alleanze non si possono fare e in Europa sì. Per di più a destra. Come dice Messora, deciderà la rete. E se Grillo dovesse essere sconfessato, la crisi interna potrebbe davvero esplodere.

Pierfrancesco Frerè

Lascia un commento