Renzi studia il cambio di passo per l’economia

ROMA. – La critica più diffusa, e più frequente, che viene fatta al governo Renzi è la differenza tra il dire e il fare. Soprattutto quando i provvedimenti di svolta riguardano l’economia. Certo le riforme istituzionali, come quella del Senato e quella elettorale, rappresentano segnali importanti della volontà di voltare davvero pagina, particolarmente apprezzati anche a livello internazionale. Ma la partita vera, quella che permetterà oppure no l’uscita dell’Italia dalla grande crisi si gioca su altri campi: la riforma fiscale, il rilancio dell’industria manifatturiera, la riforma del mercato del lavoro. E qui, almeno finora, è suonata una musica diversa, fatta più di slittamenti che di azioni concrete. C’è però una eccezione, che si è ormai delineata con assoluta evidenza: le nomine dei vertici delle aziende pubbliche fatte da Renzi, che stanno rappresentando una vera svolta. I nuovi manager che guidano Eni, Enel, Finmeccanica, Poste italiane sono entrati a gamba tesa, archiviando rapidamente il passato. Molto più rapidamente di quanto si potesse immaginare. Soprattutto considerando che si tratta di portaerei di cui non è immediato correggere la rotta, molto diverse da agili cacciatorpedinieri. Eppure il taglio con le gestioni precedenti è stato netto e pressoché immediato. Ne sono stati protagonisti l’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi, come il collega dell’Enel, Francesco Starace, ma anche l’amministratore delegato di Finmeccanica, Mauro Moretti, e il numero uno di Poste, Francesco Caio. Descalzi, almeno in parte, rappresenta una sorpresa perché si tratta di un manager cresciuto a fianco dell’amministratore delegato uscente, Paolo Scaroni. Nonostante ciò le sue decisioni, fin dall’inizio, hanno segnato novità importanti. A partire dall’accelerazione sul taglio dei costi, con l’obiettivo di recuperare 1 miliardo di euro entro l’anno. E l’intenzione è di continuare sulla stessa strada nel 2015. Poi, sta dimostrando altrettanta determinazione nell’intervento senza troppe mediazioni per chiudere le emorragie provocate da aree di attività in perdita cronica come le raffinerie. La scelta strategica è evidente: fare dell’Eni una oil company voltando pagina rispetto alle diversificazioni del passato. Possibilmente in fretta perché, a causa delle conseguenze della crisi economica, il peso sui bilanci di gruppo delle attività diversificate è diventato troppo forte, esponendo l’Eni a difficoltà gravi se le quotazioni del petrolio dovessero scendere o nel caso di risultati meno brillanti della parte oil. La stessa fretta che stanno manifestando Starace all’Enel e Moretti in Finmeccanica. Starace ha chiarito subito che la riduzione del debito va considerata una priorità assoluta. Così, pur di raggiungere l’obiettivo, ha messo in vendita tutte le attività nell’Europa dell’Est (comprese quelle in Russia) e perfino le modalità del controllo sulla spagnola Endesa non vanno più considerate un tabù. Nello stesso tempo è stata messa in cantiere la riorganizzazione dei vertici di gruppo, cambiando assetto di comando e uomini. Un rinnovamento radicale, inferiore soltanto a quello avviato da Moretti in Finmeccanica. In pratica una rivoluzione giacobina, con taglio di teste e modi più che spicci. In pratica una sorta di rottamazione stile Renzi, che ha spazzato via o paralizzato un mondo, quello di Finmeccanica, che era in molti casi la quintessenza della romanità intesa come ricerca del consenso e della mediazione con il potere, purtroppo a qualunque prezzo. Emblematica la decimazione della rappresentanza Finmeccanica al Salone di Farnborough, a Londra, una delle manifestazioni più importanti della difesa, tagliata in poche ore da oltre 400 partecipanti previsti a 250. Ora Moretti dovrà dimostrare che, oltre al ribaltone, è in grado di portare risultati concreti e il primo appuntamento, entro l’anno, sarà il piano industriale, che prevede la concentrazione delle attività in un numero selezionato di business. Un approccio altrettanto innovativo è stato quello di Caio alle Poste ma, almeno per il momento, risulta di segno diverso in quanto la contrapposizione con la gestione precedente, quella di Massimo Sarmi, sta avvenendo su decisioni che hanno effetto all’esterno della società: la quotazione della holding, sulle cui modalità Caio risulta molto, molto critico. Tanto da chiedere e ottenere dal governo il rinvio del collocamento. (di Fabio Tamburini/Ansa)

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