Striscia di Gaza: Netanyahu canta vittoria ma gli israeliani sono scettici

TEL AVIV. – All’indomani dell’accordo sulla tregua a Gaza, il premier Benyamin Netanyahu ha detto agli israeliani che negli ultimi 50 giorni Hamas ha patito “il colpo più grave dalla sua fondazione”. “Ancora non è possibile stabilire che effettivamente sia stata raggiunta una calma di lunga durata”, ha ammesso. Eppure nella regione si stanno creando nuovi equilibri: Hamas si vede più isolato, mentre Israele si trova di fronte nuove opportunità di cooperazione con i vicini, specialmente nel contenimento dell’Islam radicale che rappresenta una minaccia comune.  L’intervento di Netanyahu è giunto alla fine di una giornata iniziata con i titoli dei giornali israeliani impostati a forte scetticismo circa l’esito del conflitto a Gaza e proseguita con le espressioni di dolore e di collera verso il governo degli abitanti del Neghev occidentale, molti dei quali ritengono di essere meno sicuri oggi nelle loro case che all’inizio di luglio. L’apice però è stato toccato con le dichiarazioni polemiche verso Netanyahu da parte del ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, secondo cui la tregua con Hamas è un errore grave da parte di Israele. Le emittenti televisive hanno anche trasmesso sondaggi da cui trapelava una forte delusione dell’opinione pubblica per il comportamento del governo in questa crisi. Nelle stesse ore da Gaza sono giunte le immagini di Ismail Haniyeh, il leader politico di Hamas nella Striscia tornato allo scoperto dopo aver trascorso 50 giorni in località segrete per sfuggire al fuoco israeliano. Haniyeh ha detto a migliaia di sostenitori che i palestinesi hanno conseguito una vittoria “senza paragoni nella storia del conflitto” e ha esaltato il sacrificio di alcuni comandanti militari di Hamas morti nei combattimenti. “Hamas non ha ottenuto niente”, ha replicato Netanyahu in serata, in una conferenza stampa televisiva. “Inoltre non bisogna lasciarsi impressionare dalle loro manifestazioni di giubilo: chi si rifiuta di partecipare riceve una pallottola in testa”. Netanyahu ha poi provveduto a respingere con determinazione le critiche giunte da esponenti di estrema destra del suo governo. “Noi non facciamo populismo su Facebook, noi lavoriamo per la sicurezza di Israele”, ha esclamato rivolgendosi probabilmente ai ministri Lieberman e Naftali Bennet. Quindi ha precisato di non aver mai fissato come obiettivo di Israele “l’eliminazione” di Hamas, un’organizzazione che ha accomunato ad al-Qaida e all’Isis. “Nemmeno gli Stati Uniti, che pure sono una potenza, sono riusciti ad eliminare al-Qaida”, ha rilevato. Quanto all’Isis, ha puntualizzato, dispone di appena metà degli uomini di Hamas. Secondo Netanyahu, quasi la metà dei palestinesi uccisi nei combattimenti a Gaza (“circa 1.000”) sono “terroristi nemici”. Israele – ha proseguito – è riuscito ad infliggere un duro colpo ad Hamas, che è destinato a scomparire se sarà realizzata la smilitarizzazione di Gaza. In questo contesto – ha precisato – Israele sarebbe “felice di vedere l’ingresso delle forze di Abu Mazen a Gaza”. Le sue parole non hanno comunque placato l’ansia di migliaia di abitanti del Neghev occidentale, per lo più membri di kibbutzim e di villaggi agricoli laburisti, che sono stati costretti a sfollare nelle ultime settimane perché martellati dal fuoco di Hamas. Intanto, mentre la tregua era imminente, due di loro sono stati uccisi da un colpo di mortaio di Hamas. “Se il governo ci avesse avvertito per tempo, ci saremmo chiusi nei rifugi”, hanno lamentato. La loro fiducia nel governo resta per il momento molto bassa. A giorni si riapriranno le scuole e i genitori dovranno decidere se superare i traumi e tornare nel Neghev oppure se trasferirsi altrove in Israele. Circa la durata della tregua, Netanyahu non ha preso impegni. Secondo un sondaggio, la maggioranza relativa degli israeliani pensa che non resisterà più di sei mesi. (Aldo Baquis/Ansa)

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