Terrorismo: Isis contro al Qaida

NEW YORK. – Difficile immaginare che i vertici di al Qaida tifino per Barack Obama. Ma quando il presidente americano parlerà alla nazione per spiegare la sua strategia contro la minaccia jihadista in Iraq e in Siria, al Ayman Zawahiri – il successore di Osama bin Laden – sarà tra quelli che lo ascolterà con maggiore attenzione. Auspicando un piano che porti alla reale distruzione dell’esercito del ‘califfo’ al Baghdadi. Per molti esperti non è un segreto che tra al Qaida e Isis ci sia uno scontro in atto. Del resto la posta in gioco è alta: la leadership del terrore mondiale, per anni saldamente in mano all’organizzazione terroristica fondata da bin Laden. Ma i ‘fasti’ dell’11 settembre 2001, quando al Qaida mise in ginocchio l’America e l’intero mondo occidentale con i suoi spettacolari attentati, sembrano oramai un lontano ricordo. Fiaccata da anni di offensiva Usa e oggi sparpagliata in una miriade di gruppi tra Afghanistan, Pakistan, Medio Oriente e Africa, al Qaida sembra aver esaurito la sua spinta propulsiva. E negli ultimi tre anni le azioni più significative messe a segno sono state l’assalto al consolato Usa di Bengasi e quello al mall di Nairobi. Niente a che vedere con gli attacchi del passato. Intanto una marea di giovani e giovanissimi ha aderito e continua ad unirsi a un nuovo progetto, quello del califfato. E l’esodo dalle file di al Qaida si starebbe facendo massiccio. Le nuove generazioni in Iraq, Siria, ma anche in Yemen, Libia, Arabia Saudita e persino nei Paesi occidentali – spiegano gli esperti – sono sempre più attratte, affascinate dal ‘modello Isis’. La loro immaginazione viene catturata dal fatto di avere un obiettivo: combattere per creare uno stato islamico. Rispetto ad al Qaida, insomma, in questa fase l’Isis garantisce “più azione che sermoni”. Per tanti ventenni – affermano alcuni osservatori – la realtà è questa: mentre al Zawahiri parla, con la diffusione dei suoi video, al Baghdadi fa i fatti, combatte sul campo gli apostati e gli infedeli, che siano musulmani o non musulmani. E così ha conquistato il centro della scena. Il confronto al Zawahiri-al Baghdadi sarebbe al momento culminato nella cacciata dell’Isis dalla stessa al Qaida. Un’espulsione che sarebbe stata decisa lo scorso febbraio, quando l’uomo autoproclamatosi ‘califfo’ dello stato islamico si rifiutò di limitare le sue azioni all’Iraq, estendendole invece in Siria dove sono presenti diversi gruppi qaedisti. E dove ora sono situate le roccaforti dell’Isis, con la città di Raqqa divenuta capitale del califfato. “L’avanzata dell’Isis in Iraq e in Siria rappresenta un duro colpo per al Qaida, dal punto di vista organizzativo, strategico e ideologico”, spiega Barak Mandelsohn, analista di punta della rivista Foreign Affair. Mentre su Foreign Policy Daveed Gartenstein e Thomas Jocelyn spiegano come a questo punto al Zawahiri si aspetti davvero che a dargli una mano sia Obama: non solo con la campagna militare contro l’Isis, ma ritirandosi definitivamente dall’Afghanistan e dando così ad al Qaida la possibilità di riorganizzarsi davvero, in stretta alleanza col leader dei talebani. Quel Mullah Muhammad Omar che – secondo alcuni osservatori – è al centro di un nuovo progetto, quello degli Emirati Islamici, una sorta di ‘contro-califfato’. Gli Usa sono avvertiti.

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