La Nato denuncia, truppe russe in Ucraina

MOSCA. – Sale il rischio di una nuova escalation del conflitto nell’est ucraino, dopo che la Nato ha confermato che negli ultimi due giorni sono entrate colonne con mezzi e militari russi. Mosca nega, ma Kiev ha annunciato che si prepara a combattere. La diplomazia si è rimessa in moto rapidamente per scongiurare il peggio. Il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni ha telefonato al suo collega russo Serghiei Lavrov, mentre il Consiglio di sicurezza dell’Onu – dove la Russia ha potere di veto – è stato chiamato a riunirsi d’urgenza per discutere della crisi ed ascoltare i rappresentanti dell’Osce, incaricati di monitorare l’applicazione della tregua prevista dagli accordi di Minsk del 5 settembre scorso. Una tregua sempre più fragile, come confermano i bilanci quotidiani delle vittime (anche civili) e l’intensificarsi dei bombardamenti a Donetsk, roccaforte dei separatisti filorussi, ora anche dal centro verso l’aeroporto controllato dall’esercito. Una tregua sempre più “virtuale”, come ha ammesso il segretario generale dell’Osce, Lamberto Zannier, secondo cui l’afflusso di armi pesanti nelle zone ribelli rilevato negli ultimi giorni potrebbe “portare ad un conflitto più aperto”. Timori condivisi anche dal ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, secondo cui “i separatisti si preparano a scontri violenti importanti”. Peraltro gli osservatori dell’Osce sono pochi (112 nell’est) e, tranne due punti, non riescono ad avvicinarsi alla frontiera russa. I loro droni, inoltre, rimangono a terra dopo essere stati attaccati dai miliziani o sabotati con interferenze elettroniche “di livello militare elevato”. Ma a riaccendere la tensione è stata la denuncia di Philip Breedlove, comandante delle Forze Nato in Europa, che per la prima volta dalla tregua ha confermato lo sconfinamento di convogli militari russi nell’est ucraino: negli ultimi due giorni “abbiamo visto entrare in Ucraina colonne di equipaggiamenti russi, di tank russi, di sistemi di difesa antiaerea russi, di artiglieria russa, e di truppe da combattimento russe”, ha riferito, pur precisando di “non avere ancora un’immagine chiara del numero”. Accuse “senza fondamento”, secondo Mosca. “Abbiamo già smesso di prestare attenzione alle dichiarazioni infondate del comandante in capo della Nato in Europa sulle cosiddette colonne militari russe che lui ‘vede’ far irruzione in Ucraina”, ha replicato sarcastico Igor Konashenkov, portavoce del ministero della Difesa russo. Dal canto suo il ministro della Difesa, Serghiei Shoigu, ha confermato solo che “l’analisi” previsionale degli eventi “impone la necessità di mantenere le truppe del distretto militare del sud (comprendenti la frontiera russo-ucraina, ndr) in stato di allerta per poter assicurare la sicurezza del Paese e dei suoi alleati sull’asse strategico sud-ovest”, annunciando inoltre la formazione di un gruppo militare autosufficiente con soldati di tutte le armi nell’annessa Crimea. Kiev, che denuncia i rinforzi dei ‘terroristi’ dell’est da venerdì scorso, dice di attendersi “azioni imprevedibili da parte loro”. “Il nostro obiettivo principale è prepararsi a combattere”, ha avvisato il ministro della Difesa ucraino, Stefan Poltorak. Il governo ucraino ha annunciato il rinforzo della sicurezza intorno a Mariupol, porto strategico sul mare d’Azov agognato dai ribelli, e di infrastrutture strategiche come le centrali nucleari e i gasdotti. Il premier Arseni Iatseniuk ha invitato la comunità internazionale a “non soffrire più di daltonismo geopolitico”, accusando Mosca di aver “superato centinaia di linee rosse”. E, prima della riunione del consiglio di sicurezza dell’Onu, l’ambasciatore ucraino alle Nazioni Unite, Iuri Sergheiev, ha twittato che “la Russia progetta un’invasione in grande scala”. L’ipotesi che la situazione possa precipitare è dietro l’angolo, ma pare difficile prima del 17 novembre: lunedì prossimo la Ue riesamina il capitolo sanzioni, mentre nel week-end Putin e Obama dovrebbero rivedersi al G20 australiano, dopo i fugaci incontri al vertice Apec di Pechino, per discutere il dossier ucraino, insieme a quello siriano e iraniano. (Claudio Salvalaggio/Ansa)

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