Terrorismo: l’Occidente pentito cerca il buono di turno

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BEIRUT. – “Vi avevo messo in guardia, ma non mi avete ascoltato”. Questo il messaggio inviato all’Europa dopo gli attacchi di Parigi da Bashar al Assad, che ha accusato gli occidentali di avere sostenuto contro la Siria gli stessi terroristi che ora colpiscono in casa loro. E agli occhi di molti occidentali, sempre alla ricerca del ‘buono’ di turno, il presidente siriano – insieme al regime iraniano suo alleato – e’ diventato oggi il ‘male minore’ con cui unirsi nella lotta alla minaccia jihadista e terrorista. Nel 2011, quando la repressione delle proteste pacifiche porto’ allo scoppio del conflitto civile, era Assad l’eroe negativo da abbattere per i governi occidentali, attenti agli umori alterni della stampa e dell’opinione pubblica piu’ che a perseguire una strategia meditata. E’ stato cosi’ che nel Paese hanno assunto sempre maggiore potere, nella quasi indifferenza dell’Europa e di Washington, il Fronte al Nusra, affiliato ad Al Qaida, e lo Stato islamico (Isis). Oggi al contrario, vengono accolte con interesse le parole di condanna del terrorismo di Assad e del suo principale alleato nella guerra civile, l’Hezbollah libanese. I terroristi offendono l’Islam “piu’ dei nemici dell’Islam, che hanno insultato il Profeta con film e vignette”, ha detto da Beirut il capo del Partito di Dio sciita, Seyed Hassan Nasrallah. Ormai quasi nessuno ricorda la decisione presa nel 2013 dalla Ue di inserire proprio le milizie Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroristiche per l’accusa di avere compiuto un attentato suicida in Bulgaria in cui, il 18 luglio del 2012, furono uccisi cinque turisti israeliani e l’autista bulgaro del loro pullman. Cosi’ come sono ormai per lo meno fievoli le proteste per denunce come quella fatta nei giorni scorsi dall’ong Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus), secondo la quale nel solo 2014 sono stati 2.108, di cui 27 minorenni, i detenuti uccisi nelle carceri del regime di Damasco. Oggi sono in molti a chiedersi se sia stato saggio per l’Occidente sostenere con cieco entusiasmo le ‘Primavere arabe’ scoppiate quattro anni fa. E molti ritengono che sia proprio questo movimento da biasimare per l’insicurezza che investe la regione, dalla Siria allo Yemen, dall’Iraq alla Libia. I piu’ convinti sono proprio i cittadini di questi Paesi. Parlando con la gente in una strada del Cairo, di Beirut o di Damasco e’ frequente sentire una nuova variante della ‘teoria del complotto’ – popolarissima in Medio Oriente – secondo la quale sono stati gli americani a provocare ad arte questo caos per “ridisegnare la mappa della regione”, un secolo dopo il patto di spartizione Sykes-Picot tra britannici e francesi. Secondo questa teoria, anche il richiamo degli occidentali alla democrazia e’ soltanto ipocrisia, come dimostra il loro rifiuto del responso delle urne in Algeria nel 1992 con la vittoria degli islamisti o in Palestina nel 2006 con quella di Hamas. Un Occidente, insomma “disposto a interrogare il mondo intero, ma solo a patto di poter ascoltare le proprie risposte”, come afferma il traduttore Vincenzo Papa nella sua edizione in italiano delle ‘Lettere Persiane’ di Montesquieu. Il Paese simbolo dei fallimenti occidentali e’ l’Iraq, dove, dopo il rovesciamento di Saddam Hussein, decine di migliaia di persone – musulmane – sono cadute vittime del terrorismo e delle violenze tra sunniti e sciiti. Dove alla scomparsa del passato regime e’ seguita la nascita del primo nucleo locale di Al Qaida, dal quale e’ derivato lo Stato islamico. E dove, secondo l’ong Comitato per la difesa delle fedi, sono rimasti ormai solo 150.000 del milione e mezzo di cristiani residenti fino al 2003. E nell’Iraq odierno l’Occidente, concentrato quasi solo sulla guerra all’Isis, rischia di commettere ancora errori capaci di fomentare le nuove violenze del futuro. Sono numerose le denunce di atrocita’ commesse anche da milizie sciite, appoggiate dall’Iran, che combattono al fianco dell’esercito di Baghdad. Mentre il ministro per gli affari provinciali, Ahmad al Jubury, ha accusato i miliziani curdi Peshmerga, sostenuti direttamente dai Paesi europei e dagli Usa, di approfittare della guerra contro lo Stato islamico per compiere una ‘pulizia etnica’ ai danni della popolazione araba in diverse regioni miste. (di Alberto Zanconato/ANSA)

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