Renzi: “Ancora tre anni davanti, non mi fermano”

Matteo Renzi at the Democratic Party initiative for the School Reform

ROMA. – “Qualcuno dice che di riforme ne stiamo facendo anche troppe, ma il meglio deve ancora venire”. E’ solo un inciso, in un lungo discorso sulla scuola. Ma così festeggia, Matteo Renzi, il primo anno di governo. Con una dichiarazione d’intenti che poco dopo declinerà in avvertimento a chi si mette di traverso: “Ascoltare tutti non vuol dire non fare più niente, sennò è paralisi, palude”. E’ la replica a chi lo contesta sulla riforma della scuola e a chi lo critica sul Jobs act. Così se Laura Boldrini attacca, “è un problema suo”, non del governo. E se Maurizio Landini evoca “sfida democratica” a Renzi, il premier replica tranchant: è “naturale” che si butti in politica dopo la “sconfitta sindacale” sulla Fiat. A un anno dal giuramento al Quirinale con i suoi ministri, Renzi sceglie di celebrare con un’iniziativa su “la scuola che cambia l’Italia”. La prossima settimana – venerdì, probabilmente – porterà in Consiglio dei ministri il decreto e il disegno di legge che compongono la riforma. Perché, ribadisce, “l’Italia riparte” davvero dall’istruzione, da un investimento culturale sulla Rai (“Da cambiare se serve anche con decreto, perché non può essere disciplinata da una legge che si chiama Gasparri”) e subito dopo dalla riforma di università e ricerca. L’obiettivo è rimettere “in moto, in piedi” il Paese. Lo si fa con le altre riforme avviate (“lavoro, p.a., giustizia civile, legge elettorale e Senato”). E quelle che verranno. Perché “c’è molto da fare”, ma il tempo non manca: “Siamo alla prima parte del primo tempo. E’ passato un anno. Ne mancano ancora tre”. “Noi cambieremo l’Italia”, dichiara Renzi. E oggi suona soprattutto come un avvertimento ai suoi avversari. Il leader del Pd li affronta a muso duro. Tutti. Sindacalisti, politici e insegnanti. Quando inizia a parlare in un affollato centro congressi di Roma, alcuni insegnanti gli urlano contro. Ma lui: “Pagliacciate. Se questa è una contestazione…”, commenta. “E’ falso che non abbiamo ascoltato gli insegnanti. Può darsi che sbaglieremo meglio la prossima volta”, ma “ascoltare tutti non vuol dire non fare più niente, sennò è paralisi, è la palude che ha bloccato l’Italia per 20 anni. Non lo consentiremo”. Respinge perciò, il presidente del Consiglio, anche le accuse di autoritarismo rivoltegli dalla sinistra dopo il via libera al superamento dell’articolo 18 con il Jobs act. “Mio obiettivo non è costruire una leadership carismatica”. Boldrini critica? “E’ un problema suo, non nostro. Noi andiamo avanti col programma”. Il Jobs act “è andato ormai”. Cosa fatta, critichino pure. Ma la parte più dura è quella riservata, nello studio tv di In Mezz’Ora, a Maurizio Landini. Il segretario della Fiom, con un’intervista al Fatto, annuncia una legge popolare o referendum per cancellare il Jobs act e dichiara che il sindacato deve “aprirsi a una rappresentanza anche politica”. In serata, dopo una presa di distanze anche della Cgil, preciserà di non avere in mente un “impegno di tipo partitico o elettorale”. Ma intanto il commento di Renzi è durissimo: “Non credo che Landini abbandoni il sindacato, è il sindacato abbandona Landini. Il progetto Marchionne sta partendo, la Fiat sta tornando ad assumere e fare le macchine. La sconfitta sindacale pone Landini nel bisogno di cambiare pagina” con la politica. E ancora: “C’è il sospetto che le manifestazioni dei mesi scorsi” mirassero già al salto politico. “Non sarebbe il primo sindacalista”. Sul fronte economico, dopo aver rivendicato che “quello italiano è uno dei bilanci più solidi, da venti anni in surplus primario”, Renzi rinvia la soluzione del nodo del 3% nei decreti fiscali ai prossimi “tre mesi”. Ma liquida con nettezza le accuse al governo di essere in conflitto d’interessi sulla riforma delle banche popolari, su cui Consob e procura hanno avviato un’indagine: “Una castroneria galattica. Spero che chi indaga faccia chiarezza: sono il primo a volerla” per vederci chiaro. Ma con una certezza: “Dentro la squadra di governo – dice con riferimento alla posizione di Maria Elena Boschi – non c’è alcun dubbio”. (di Serenella Mattera/ANSA)

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