Lo scontro sull’Italicum: rischio asse minoranza e opposizioni

Pres. Renzi riceve l'ANCI

ROMA. – Ci sono due strade, la prima prudente ma impervia, la seconda pressoché inedita nell’ultimo sessantennio, che Matteo Renzi potrà imboccare per ottenere il sì all’Italicum. Il premier tra pochi giorni dovrà infatti sciogliere il principale dei nodi nel percorso parlamentare della legge, porre o meno la fiducia. O meglio, le 4 fiducie che i 4 articoli di cui è composto l’Italicum richiederebbero per blindare il testo contro emendamenti e voti segreti sul quale potrebbe concretizzarsi un inedito asse tra minoranza Pd con il M5S o, più probabilmente, con FI. E in tal caso i numeri della maggioranza si ritroverebbero sull’orlo del collasso.

La maggioranza a Montecitorio può contare su 310 deputati Pd, 33 di Ap, 25 di Sc, 13 di Pi-Cd e 27 (su 37) del gruppo Misto, all’interno del quale i 10 ex M5S oggi di Alternativa Libera hanno finora votato quasi sempre contro il governo. Si avrebbe, così, una maggioranza di circa 408 unità alla quale potrebbe essere sommata la truppa dei verdiniani: 10-15 deputati che già sulle riforme hanno manifestato il proprio dissenso rispetto ‘no’ del gruppo FI. A questo insieme va però tolto il computo della minoranza Pd che, tra civatiani, SinistraDem e Area Riformista conta su 110 deputati.

Chi tra questi, voterà in Aula no all’Italicum? Le stime variano dai 10-20 contati dai renziani ai numeri ben più alti sui quali, fino a oggi, alcuni della minoranza sarebbero pronti a scommettere. Una linea non è stata ancora tracciata ma l’impressione è che, sul voto finale (a scrutinio segreto) sul testo Renzi non dovrebbe avere grossi grattacapi. Li potrebbe avere, invece, nel caso optasse per la linea morbida di non porre la fiducia. I voti segreti, infatti, sarebbero più di uno e si presenterebbe il rischio di un asse tra minoranza Pd e opposizioni su almeno un paio di emendamenti.

Quello che prevede l’apparentamento al secondo turno, già annunciato da FI e sul quale la sinistra Pd non ha mai nascosto il suo gradimento. La proposta di modifica potrebbe così essere votata da un nutrito gruppo della minoranza – una settantina non sarebbe un’ipotesi surreale – almeno 60 deputati FI e, chissà, anche da qualche esponente di Ap. facendo così tremare maggioranza e governo. Un diverso asse, questa volta tra minoranza Dem e M5S, potrebbe invece crearsi sulle preferenze, da mesi cavallo di battaglia della sinistra Pd e sul quale i grillini hanno annunciato di voler lavorare in commissione. Anche per questo, porre la fiducia, una volta che il testo approderà in Aula il 27 aprile, permetterebbe al premier di evitare sgambetti.

Sarebbero quattro, (tante quanti gli articoli, anche se per alcuni il primo potrebbe essere accorpato, nel voto, al secondo), però, le fiducie. Un’ ipotesi sulla quale oggi, le opposizioni (eccetto il M5S che reputa l’appello prematuro) hanno scritto al presidente Sergio Mattarella per scongiurare quello che è stato descritto come “golpe”. E l’appello potrebbe anche preannunciare l’uscita dall’Aula delle opposizioni al momento del voto. Un voto, quello di fiducia, che però non dovrebbe avere conseguenze sul governo dal momento che dovrebbero essere solo una decina gli esponenti della minoranza Pd a non votarla.

(di Michele Esposito/ANSA)

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