La crisi ha bruciato 1.218 miliardi di salari in un anno

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ROMA. – Soltanto nel 2013 la crisi ha bruciato 1.218 miliardi di dollari di salari in tutto il mondo, una cifra pari all’1,2% della produzione mondiale ed al 2% dei consumi. Di questi, più di un terzo, 485 miliardi di dollari, si sono persi nella Ue e nei paesi industrializzati. E’ quanto risulta dai dati contenuti nel Rapporto sulle prospettive occupazionali e sociali nel mondo 2015 presentato a Ginevra. Non solo: nei paesi dove i dati sono disponibili (pari all’84 per cento della manodopera globale) solo 25 lavoratori su 100 ormai hanno un rapporto di lavoro stabile e più della metà lavora senza avere affatto un contratto di lavoro.

Certo, la maggior parte di quel 60% che lavora senza contratto è nei paesi in via di sviluppo e svolge un lavoro autonomo o contribuisce a un’attività familiare. Tuttavia, anche tra i lavoratori dipendenti, meno della metà (il 42 per cento) ha un contratto a tempo indeterminato ed un’altra tendenza rilevata dal rapporto è l’aumento del lavoro a tempo parziale, soprattutto fra le donne. Complessivamente, nella maggior parte dei Paesi infatti, tra il 2009 e il 2013 i posti di lavoro a tempo parziale sono aumentati più di quelli a tempo pieno.

Numeri grandi, quelli raccolti dall’Ilo, che mostrano quanto il mondo del lavoro sia in movimento e che fanno squillare un campanello d’allarme; in primis per l’aumento delle diseguaglianze evidenziate dal rapporto. Un altro dato significativo: a livello mondiale, il 52 per cento dei lavoratori dipendenti è iscritto a un sistema pensionistico, contro il 16 per cento dei lavoratori autonomi e quasi l’80 per cento dei lavoratori con un contratto a tempo indeterminato è iscritto a un sistema pensionistico, rispetto ad appena il 51 per cento dei lavoratori con contratto a tempo determinato.

“I nuovi dati indicano una crescente diversificazione del mondo del lavoro”, spiega Guy Ryder, direttore Generale dell’ILO, e “in alcuni casi, le forme atipiche di lavoro possono aiutare le persone ad accedere al mercato del lavoro. Ma questi nuovi cambiamenti riflettono anche la diffusione di una insicurezza che colpisce oggi numerosi lavoratori in tutto il mondo”. E’ quindi necessario, dice ancora l’Ilo, che le politiche tengano in considerazione i cambiamenti per adattare la regolamentazione per garantire un’adeguata sicurezza del reddito per tutti i lavoratori, non solo per quelli con contratti stabili, perchè “una regolamentazione adeguata contribuirà anche alla crescita economica e alla coesione sociale”.

Non a caso l’Ilo stima che per l’effetto moltiplicatore dell’aumento dei salari, dei consumi e dei livelli di investimento, colmando il divario occupazionale mondiale, il PIL globale aumenterebbe di 3.700 miliardi di dollari, pari ad un aumento della produzione mondiale del 3,6 per cento.

(di Monica Paternesi/ANSA)

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