Il Papa riabbraccia il Piemonte: Io nipote di questa terra

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TORINO. – E’ tornato nella terra dei suoi avi, per la prima volta da quando è salito al soglio pontificio. Per Papa Francesco il viaggio apostolico a Torino è carico anche di ricordi personali. “Sono nipote di questa terra benedetta”, ha ricordato nell’Angelus, pochi minuti dopo essersi commosso leggendo, nell’omelia, i versi di un’opera sugli emigranti del Piemonte di un poeta dialettale del ‘900, Nino Costa.

Nel capoluogo piemontese si sono uniti in matrimonio, nel 1907, i nonni paterni, Giovanni Bergoglio e Rosa Vassallo, ed è stato battezzato, l’anno dopo, il padre, Mario Bergoglio. E proprio nella chiesa di Santa Teresa dove sono state celebrate quelle cerimonie all’inizio dello scorso secolo c’è stato l’unico fuoriprogramma nell’agenda del pontefice costellata di impegni.

Una visita lampo, sistemata tra l’incontro con i salesiani e l’happening con i giovani che avrebbe chiuso la giornata. In Santa Teresa, Papa Francesco ha deposto sull’altare un vaso di rose gialle ed ha pregato per qualche minuto. “Non gli abbiamo chiesto di venire, l’ha voluto lui”, ha spiegato padre Giustizio Zoppi, superiore provinciale dei carmelitani che da 5 anni si occupano della chiesa.

Nessuno ha dimenticato la ‘piemontesità’ di Papa Francesco, accolto con il saluto ‘Cerea’ e con una frase in dialetto degli stessi giovani dell’happening degli oratori: “I giovin a’t veulu bin” (I giovani ti vogliono bene). Un ‘marchio’ di “sobrietà e di serenità”, ha evidenziato il sindaco di Torino, Piero Fassino.

Il Papa ha ricordato quanto forte sia il contributo di Torino nel campo del lavoro: “è storicamente un polo di attrazione” ed anche se “oggi risente fortemente della crisi”, ha “nel suo territorio ancora notevoli potenzialità di investire per la creazione di lavoro”. Ma Torino ha portato ricchezza anche con i suoi santi sociali, a cominciare da don Bosco, che era nato in un paese dell’Astigiano e che a Torino ha fatto costruire la basilica di Maria Ausiliatrice, e da Giuseppe Cottolengo, l’ideatore della ‘Piccola casa della Divina Provvidenza.

“Nell’Ottocento – ha osservato papa Francesco – Torino era una città massonica, anti-clericale, anche demoniaca. Ma fate il conto di quanti santi sono usciti da qui…”. L’omaggio più bello ai piemontesi nell’omelia della messa solenne del mattino, nella quale ha ‘dedicato’ ai suoi corregionali i versi di “Razza nostrana”, scritto per gli emigranti piemontesi in tutto il mondo:

“I nostri antenati – ha detto – sapevano bene cosa vuol dire essere ‘roccia’, cosa vuol dire ‘solidità”. Lunedì, dopo lo storico incontro nel Tempio Valdese, Papa Francesco incontrerà alcuni suoi parenti, in forma privata, in Arcivescovado: per loro celebrerà una messa e con loro si intratterrà a pranzo.

Poi Bergoglio ripartirà per il Vaticano, lasciando il ‘suo’ Piemonte che – c’è da esserne certi – dopo averlo accolto con il ‘Cerea’ lo saluterà con un bell’ ‘Arvdse’ (Arrivederci).

(di Renato Botto/ANSA)