Disoccupazione ferma al 12,4%, cala per giovani e donne

Operai seguono una catena di distribuzione di prodotti in fabbrica. Economia
Pil a -0,1%, non calava dal 2014. Sale la disoccupazione

Disoccupazione

ROMA. – Il tasso di disoccupazione a maggio resta fermo al 12,4%, lo stesso livello di aprile, ma sono molte le differenze rispetto al mese precedente. Negli ultimi dati Istat sembra infatti arrestarsi la spinta che aveva portato in soli 30 giorni a quasi 160 mila occupati in più. Ora le persone che hanno un lavoro tornano a diminuire – sono 63 mila in meno da aprile – ed è un calo che pesa, ma non brucia del tutto lo sprint del mese precedente.

Ma moltissime sono le voci, soprattutto tra i politici, che segnalano dati poco brillanti nonostante le novità del Jobs Act. Anche se il ministro del lavoro, Giuliano Poletti cerca di tranquillizzare: i dati Istat su occupazione e disoccupazione a maggio mostrano “una situazione non ancora stabilizzata”, ma “restano comunque validi i segnali positivi”.

La situazione appare migliore rispetto a un anno fa, con 59 mila disoccupati in meno, e sono in discesa il tasso di disoccupazione dei giovani al 41,5% e quello delle donne al 12,7%. Si tratta di piccoli progressi, compensati purtroppo dall’aumento degli inattivi, che tornano a crescere dopo quattro mesi in calo. Gli inattivi sono infatti persone che non hanno un impiego e non lo cercano, e non rientrano nel conteggio dei disoccupati.

”Il calo degli occupati di maggio – osserva una ricercatrice dell’istituto di statistica – segue l’aumento molto consistente di aprile” e il bilancio degli ultimi tre mesi resta positivo, con un leggero aumento del tasso di occupazione fino al 55,9%. Le politiche del governo e, in particolare il Jobs act, conclude la statistica, ”sembrano aver avuto effetto su aprile ma non su maggio. L’andamento dell’occupazione resta oscillatorio e bisogna vedere come si consoliderà nei prossimi mesi”.

Continuano a proliferare, nel frattempo, dati sul lavoro provenienti da fonti e da calcoli diversi, nei quali possono far fatica a orientarsi anche gli addetti ai lavori. ”Troppi dati, troppa confusione”, sbotta il segretario confederale della Uil Guglielmo Loy. ”Mettere a fattor comune le tre fonti di conoscenza del nostro mercato del lavoro (Istat, Ministero del Lavoro e Inps), permetterebbe anche di comprendere se siamo ancora pre-boa (come dimostrano i negativi dati dell’Istat di oggi), o di superamento del giro di boa”.

Sempre dal fronte sindacale, Serena Sorrentino della Cgil prova a dare una lettura complessiva della situazione: ”gli occupati diminuiscono e l’area di inattività si allarga, siamo lontani dalla ripresa di cui parla il governo: senza investimenti e creazione di posti di lavoro le norme introdotte produrranno ulteriore instabilità”.

Di parere diverso è il segretario confederale della Cisl Gigi Petteni, secondo il quale ”il Jobs Act e gli incentivi del Governo all’occupazione in parte intensificano gli effetti della lieve ripresa che però, appunto, è ancora troppo lieve per generare effetti stabili sul mercato del lavoro”. Secondo Petteni non si può chiedere ”ad una riforma delle norme sul lavoro di avere, di per sé, esiti significativi sullo stock di occupati”.

Un discorso che suona vicino a quello del presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, che osserva come dalla crisi ”non si uscirà per il gran parlare di riforme, ma solo se le imprese recupereranno competitività e se saranno nelle condizioni di progettare investimenti di medio e lungo periodo, che andranno a generare occupazione duratura”.

(di Chiara Munafò/ANSA)

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