Ambiente: la scommessa di Obama

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Senza fretta ma con inusitata ostinatezza. E’ evidente che non vuole passare alla storia unicamente per essere stato il primo presidente afroamericano degli “States”, ma come il capo dello Stato che ha cambiato profondamente la società americana e dato forza e voce alla diplomazia. Una dopo l’altra. Il presidente Barack Obama sta mantenendo fede alle promesse elettorali fatte agli americani, nonostante l’opposizione ad oltranza dei repubblicani. Ovvero, ha imposto la riforma sociale e quella sull’emigrazione, ha iniziato il ritiro graduale delle truppe americane dai vecchi teatri di guerra e si è opposto all’invio di altre in quelli nuovi sorti negli ultimi anni e, ora, studia una strategia concreta per chiudere definitivamente il carcere di Guantanamo, tristemente famoso per le sistematiche violazioni dei diritti umani.

Dal lato della diplomazia, ha archiviato la “Dottrina Bush” o “Dottrina dell’Aggressione Positiva”, per dare spazio al dialogo; dialogo che ha portato al “deshielo” con Cuba, ultimo vestigio di una “guerra fredda” che dopo la caduta del “muro di Berlino” esisteva solo nei libri di scuola, e all’intesa di Losanna, che impone limiti rilevanti al programma nucleare iraniano. E oggi, a sorpresa, si presenta come il paladino dell’ambiente e sfida il mondo a seguirlo in questa sua nuova avventura.

Il piano, senz’altro assai ambizioso, ha colto tutti di sorpresa. E, quel che è più importante, impreparati i repubblicani che hanno immediatamente cercato di screditare la proposta ma, almeno fino ad ora, con argomenti assai deboli e poco credibili. Si sospettava che qualcosa bollisse in pentola sul versante dell’ambiente ma nessuno poteva immaginare un progetto di tale portata.

Prima attraverso un video diffuso sul Facebook della Casa Bianca, poi con un lungo discorso condito da espressioni appassionate e toni entusiasti, un ispirato Barack Obama ha presentato il suo ambizioso piano per la protezione dell’ambiente; in particolare, per tagliare le emissioni di anidride carbonica delle centrali elettriche.

Il capo dello Stato americano ha affermato che “quando il mondo incontra le sfide più dure, è l’America a guidarlo verso la strada da seguire”.

Il piano del presidente Obama, che sarà proposto come esempio al vertice delle Nazioni Unite in programma prossimamente a Parigi, avrà sicuramente profondi riflessi sul dibattito politico negli “States” e sarà senz’altro tema di controversia e disputa nella campagna elettorale che già si anticipa frizzante.

Obama sostiene che il suo piano è fondamentale perché non c’è nulla che minacci “di più il nostro futuro e quello delle nuove generazioni del cambiamento climatico”. E sottolinea che “già oggi il Pentagono afferma che i cambiamenti climatici pongono rischi immediati alla nostra sicurezza nazionale”.

La proposta di Obama per la protezione dell’ambiente prevede un taglio delle emissioni del 32 per cento dai livelli del 2005. E, ciò che è assai importante, pone un limite di tempo per raggiungere l’obiettivo: il 2030.

– Ridurremo del 90 per cento morti premature – ha affermato il presidente Obama nel suo discorso -. Morti legate all’inquinamento. E, grazie al nostro piano, ogni anno ci saranno 90 mila attacchi in meno di asma tra i bambini.

Le emissioni di carbonio provenienti dalle centrali elettriche, negli Stati Uniti, rappresentano un terzo dell’inquinamento di monossido in America. E, come ha spiegato Obama, l’agenzia nordamericana per l’ambiente sta fissando, per la prima volta, gli standard per mettere fine all’emissione senza limite di carbonio dalle centrali.

La difesa dell’ambiente, quindi, si trasforma in un altro cavallo di battaglia del presidente Obama che già lo scorso novembre aveva siglato uno storico accordo con il presidente Xi Jimping nel quale la Cina s’impegnava a cominciare un programma di riduzione importante delle emissioni di gas. Il progetto di Obama, stando alle prime proiezioni, supporrebbe un costo di 8mila 800 milioni di dollari l’anno.

Com’era ovvio, all’entusiasmo del presidente Obama ha risposto il gelo dei suoi avversari. In particolare, dei candidati repubblicani. E così, mentre Hillary Clinton ha immediatamente sposato l’iniziativa di Barack Obama; Marco Rubio, Jed Bush, Scott Walker, presi in contropiede, vi si sono opposti adducendo argomenti di carattere economico. Il ragionamento, in poche parole, è il seguente: il progetto rappresenta un enorme sacrificio in termini economici perché aumenterà il costo dell’energia che peserà sulle industrie. Si perderanno, quindi, posti di lavoro.

Argomenti ai quali il capo dello Stato ha risposto sottolineando che il suo piano, al contrario, permetterà un risparmio annuale di 85 dollari sulle bollette di luce e gas.

– Le critiche – ha detto categorico – sono solo scuse per non fare nulla.

Il piano per la difesa dell’ambiente, quindi, sarà uno degli argomenti sui quali si confronteranno gli aspiranti in corsa alle prossime primarie e, in definitiva, i candidati alla Casa Bianca. Intanto, Hillary Clinton ha dato il primo ciak alla sua campagna elettorale. In uno “spot” televisivo, che dura appena una manciata di minuti, si presenta come una “combattente” per la famiglia, per i diritti sociali degli esclusi, delle donne, dei bambini, di chi non ha l’assistenza sanitaria. E questo concetto di lottatrice, per alcuni impregnato di un forte contenuto sociale su suggerimento della sinistra dei democratici, propone l’immagine della donna americana che non si arrende di fronte alle avversità.

Nello “spot” si ripercorrono le tappe fondamentali della vita politica di Clinton, dalla studentessa determinata che i professori ricordano come una ragazza intelligente dall’apparenza timida, fragile, sbarazzina ma decisa, all’ex First Lady e alla responsabile della politica estera della nazione più potente del mondo. Alla fine, nel video sono mostrate alcune foto dell’infanzia; immagini in bianco e nero che la ritraggono accanto ai genitori.

– Mio padre, figlio di un operaio – scandisce la candidata mentre scorrono le foto -, cominciò una piccola attività in proprio. Mia madre non poté mai entrare in un “college”.

Anche in Italia. La campagna elettorale americana, e non solo gli echi, è arrivata anche nel Belpaese. A portarcela è stata l’italo-americana, di origine abruzzese, Nancy Pelosi, ex speaker della Camera. In visita all’Expo, accompagnata da una delegazione composta da una trentina di parlamentari del Congresso, la scaltra politica, una delle figure più importanti del Partito Democratico, ha trovato il tempo di recarsi al padiglione Usa, basato su un concetto aperto che ricorda le linee di un tradizionale granaio americano e mostra come la leadership americana in ambito alimentare globale sia responsabile e diversificata; di visitare il “Padiglione Zero” che propone un racconto che parte dalla memoria dell’umanità e passa attraverso simbologie e mitologie; di fare un salto ai padiglioni di Angola, Save The Children, Brasile, e Cluster Cacao ed anche di accontentare i giornalisti improvvisando una breve conferenza stampa.

Nancy Pelosi ha parlato di fame e sicurezza, di migrazione e terrorismo, dell’enciclica di papa Francesco. E ha posto un accento particolare sul piano annunciato dal presidente Obama in materia di difesa dell’ambiente.

– Per anni – ha detto -, l’Unione Europea è stata avanti a noi per quanto concerneva temi ambientali. Ora il presidente Obama ha capito che è arrivato il momento di varare un piano che restituisca la leadership agli Stati Uniti.

Il presidente Obama, in quel che resta del suo mandato presidenziale, si sta giocando la propria credibilità. Ha deciso di scrivere il suo nome nella storia e, a quanto pare, di farlo lasciando alle generazioni future un mondo più sicuro e, ora, anche più pulito.

(Mariza Bafile/Voce)

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