Italia dà battaglia al Tribunale di Amburgo. Girone ostaggio in India, Latorre sta male

I maro' italiani Salvatore Girone e Massimiliano Latorre ANSA/MAURIZIO SALVI
I maro' italiani Salvatore Girone e Massimiliano Latorre  ANSA/MAURIZIO SALVI
I maro’ italiani Salvatore Girone e Massimiliano Latorre
ANSA/MAURIZIO SALVI

AMBURGO. – Salvatore Girone è tenuto in “ostaggio dall’India”, mentre le condizioni di salute di Massimiliano Latorre sono “a rischio, anche della vita, se fosse costretto a tornarvi”: “Chiediamo che tornino subito in libertà”. E’ entrata subito nel vivo, con toni accesi e senza esclusione di colpi, la battaglia giuridica sul caso dei Marò, approdato oggi al Tribunale internazionale sul diritto del mare di Amburgo, a oltre tre anni dalla sparatoria al largo del Kerala in cui morirono due pescatori indiani. Tra interventi in aula e documenti scritti, i due Paesi ricordano entrambi la “tradizionale amicizia” che li lega, ma il botta e risposta è durissimo.

“A Delhi Girone vive nell’ambasciata italiana e gode di una vita confortevole. Definirlo ostaggio è offensivo e inopportuno. Non c’è alcun motivo di urgenza” per farlo tornare in patria, replica secca l’India. Così come non c’è motivo, per Delhi, di ‘liberare’ Latorre dalle scadenze del permesso concessogli per motivi di salute, perché “potrebbe migliorare nei prossimi mesi” ed essere richiamato dalla Corte suprema indiana. L’India si oppone così alle richieste di misure cautelari avanzate dall’Italia a tutela dei suoi militari e, soprattutto, contesta la competenza dello stesso Tribunale a decidere sulla giurisdizione del caso che sia Delhi che Roma rivendicano.

“L’Italia è unita con i fucilieri Girone e Latorre”, ha twittato il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, prima che l’udienza cominciasse. A prendere la parola per primo per esporre la posizione italiana ai 21 giudici della corte è stato, a nome del governo, l’ambasciatore d’Italia all’Aja, Francesco Azzarello: i marò “non sono ancora stati incriminati di alcun reato”, ma l’India dimostra “disprezzo per il giusto processo” considerandoli già colpevoli. “Un atteggiamento che esemplifica al meglio l’impasse in cui oggi ci troviamo”, ha spiegato il diplomatico italiano ricordando “l’urgenza” dettata dalla “frustrazione, lo stress, il deterioramento delle condizioni mediche delle persone direttamente e indirettamente coinvolte”. Per questo, “in mancanza di un capo d’accusa, le restrizioni alla libertà” dei due Fucilieri e la loro “durata” sono “arbitrarie e ingiustificabili”, con possibili “conseguenze irreparabili”, e costituiscono “una violazione dei loro diritti fondamentali”, sostiene l’Italia, mettendo in guardia dal fatto che “ogni attentato ai diritti, alla salute e al benessere dei Fucilieri di Marina è una minaccia diretta ai diritti dell’Italia”. Continuando a trattenere sotto la giustizia indiana due militari italiani che erano in servizio per conto dello Stato su una nave battente bandiera italiana, l’India viola dunque “i propri obblighi internazionali” e “impedisce all’Italia di esercitare la propria giurisdizione”.

Ma la delegazione indiana non cede e ribatte punto per punto: “I marinai italiani – sostiene in aula e nelle ‘Osservazioni scritte’ – hanno sparato, in modo irresponsabile, con armi automatiche uccidendo due pescatori indiani disarmati, a bordo di un’imbarcazione indiana, in acque di competenza indiana”. Anzi, “l’India è sorpresa degli argomenti dell’Italia che ha descritto i marinai italiani come vittime, mentre le vere vittime sono i due pescatori uccisi” e le loro famiglie, ha sottolineato l’agente del governo indiano, Neeru Chadha. Nessuno sconto inoltre su quanto accaduto negli ultimi tre anni e mezzo: per l’India l’Italia è “in malafede” e “inaffidabile” per “non aver mantenuto promesse solenni” in passato. Il riferimento è al permesso concesso dalla giustizia indiana ai marò di rientrare in Italia per le elezioni del 2013. Il governo italiano annunciò in quelle settimane che non li avrebbe fatti tornare in India, ma dopo le proteste indiane i due Fucilieri vi tornarono nei tempi previsti dagli accordi. La partita insomma è complessa.

Adesso le repliche delle due delegazioni, poi la parola passerà al Tribunale. Nell’edificio bianco immerso nel verde della periferia di Amburgo, i giudici decideranno dell’immediato futuro di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, prima che il dossier passi alla corte arbitrale che si sta per costituire. Per i marò ancora qualche settimana di attesa, la sentenza non arriverà prima del 24 agosto.

(Laurence Figà-Talamanca/Ansa)

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