Petrolio in calo a 44,4 dollari dopo svalutazione yuan

Chinese 100 Yuan or Reminbi (RMB) notes pictured in Beijing, China, 11 August 2015. The yuan has sunk to the lowest trading price in a decade after China's central ban China's central bank devalued the currency on 11 August to aid a struggling economy. The People's Bank of China set the daily mid-point yuan trading price a record 1.9 percent weaker at 6.2298 to the US dollar. EPA/HOW HWEE YOUNG
Chinese 100 Yuan or Reminbi (RMB) notes pictured in Beijing, China, 11 August 2015. The yuan has sunk to the lowest trading price in a decade after China's central ban China's central bank devalued the currency on 11 August to aid a struggling economy. The People's Bank of China set the daily mid-point yuan trading price a record 1.9 percent weaker at 6.2298 to the US dollar.  EPA/HOW HWEE YOUNG
Chinese 100 Yuan or Reminbi (RMB) notes pictured in Beijing, China, 11 August 2015. The yuan has sunk to the lowest trading price in a decade after China’s central ban China’s central bank devalued the currency on 11 August to aid a struggling economy. The People’s Bank of China set the daily mid-point yuan trading price a record 1.9 percent weaker at 6.2298 to the US dollar. EPA/HOW HWEE YOUNG

ROMA. – La Cina svaluta a sorpresa lo yuan per cercare di combattere il rallentamento sempre più evidente dell’economia. La Banca centrale ha operato la maggiore operazione degli ultimi vent’anni portando la quotazione ufficiale della moneta nei confronti del dollaro a 6,2298 (-1,9%) specificando che si tratta di una misura ‘una tantum’.

La Banca centrale di Pechino ha così tagliato il suo tasso (che permette al mercato una oscillazione giornaliera di circa il 2%) dopo che l’ancoraggio al dollaro ha colpito duramente negli ultimi mesi le esportazioni del paese asiatico. La mossa, calcola la Bloomberg, è la maggiore da quando il paese ha unificato, nel 1994, i tassi ufficiali e di mercato dei cambi. Inoltre secondo quanto afferma la stessa banca centrale, va nell’ottica di lasciare al mercato maggiore disponibilità a determinare il cambio considerando alcuni parametri come la domanda e l’offerta e il tasso di chiusura del giorno precedente.

Se la svalutazione potrà frenare la fuga dei capitali e rianimare l’export, la mossa colpirà tuttavia sia il potere di acquisto dei consumatori cinesi su alcuni prodotti. La decisione delle autorità di Pechino arriva peraltro quando nella regione anche le monete dell’Australia, Corea del Sud e Singapore si sono deprezzate aumentando i rischi di una ‘guerra delle valute’ che punti sulla svalutazione per rendere competitiva l’economia.

Petrolio in calo, assieme ad altre commodities, sui mercati a seguito del forte taglio del tasso di cambio operato dalla Cina (quasi il 2%) che fa salire il prezzo del dollaro riducendo le importazioni delle materie prime verso il paese. Il greggio Wti del Texas cede 50 centesimi a 44,4 dollari al barile mentre il Brent è scambiato a 50,1 dollari con un calo di 27 centesimi.

Quotazioni dell’oro in calo sui mercati. Il metallo con consegna immediata cede l’1% a 1,093 dollari a seguito della svalutazione dello yuan operata dalla Cina che fa salire il dollaro rendendo meno appetibile l’investimento in oro.

La svalutazione dello yuan operata dalla Cina rischia di innescare una nuova guerra di valute e di non riuscire comunque a riattivare l’economia di Pechino. E’ quanto afferma alla Bloomberg Stephen Roach, già presidente della Morgan Stanley in Asia e ora professore associato a Yale. “In una economia globale debole, ci vuole molto di più che una svalutazione dell’1,9% per far balzare l’export – spiega – questo aumenta inoltre la possibilità che le crescenti e destabilizzanti schermaglie si trasformino in una guerra mondiale delle valute”.

La frenata dell’economia cinese potrebbe essere peggiore di quanto emerge dal dato sul Pil, salito del 7% nel secondo trimestre. E’ quanto emerge da un’analisi di Prometeia che analizza una serie di indicatori macroeconomici come i consumi, gli investimenti. Secondo lo studio il rallentamento delle importazioni è l’indizio più evidente che l’economia cinese sta rallentando e mostra la potenziale influenza che questo avrebbe sull’economia globale. Si avrebbe infatti una riduzione della domanda globale mentre sul fronte delle materie i risultati sarebbero positivi per quei paesi industriali che importano visti il calo dei prezzi e negativo per gli esportatori come Australia e Brasile.

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