Tonfo del petrolio, a New York è precipitato ai minimi da sei anni sotto i 41 dollari

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ROMA. – Utili che vanno a picco, economie emergenti sempre più in crisi, hedge fund che soffrono. Sono solo alcuni degli effetti che sta provocando il crollo dei prezzi delle materie prime: dal petrolio, che a New York è precipitato ai minimi da sei anni sotto i 41 dollari, al rame, dal nichel allo zinco, le materie prime ad uso industriale sono affondate a livelli che non si vedevano da anni. E ora il rallentamento della Cina rischia di aggravare ulteriormente la situazione.

Una valanga che ha travolto persino il colosso minerario e di scambio merci Glencore, che ha annunciato un utile semestrale più che dimezzato e si prepara a chiudere alcune miniere. La multinazionale anglo-svizzera ha chiuso il primo semestre con un utile netto adjusted in calo del 56% a 797 milioni di euro (882 milioni di dollari) e un Ebitda adjusted giù del 29%. Una performance che “riflette l’esposizione della nostra attività industriale ai prezzi in calo delle materie prime”, ha spiegato il ceo Ivan Glasenberg.

Il calo dei prezzi del greggio ha portato la società a ridurre la spesa per capitale per quest’anno a 6 miliardi di dollari, mentre per l’anno prossimo l’intenzione è di non superare i 5 miliardi. E per far fronte al calo progressivo dei prezzi del platino, la società, che è in trattative per rilevare lo stabilimento Alcoa di Portovesme, sta anche valutando di chiudere la propria miniera di platino di Eland in Sud Africa.

A fotografare bene la situazione delle materie prime è l’indice di settore di Bloomberg (Bloomberg Commodity Index), che ieri ha toccato il livello più basso dal febbraio 2002. A pesare è la frenata della Cina, il maggior consumatore di metalli industriali, che con il crollo della Borsa dell’altro giorno ha fatto tremare gli investitori. Rame, alluminio e nichel sono ai minimi dal 2009: il rame in particolare, di cui la Cina è il maggior consumatore (l’anno scorso ha coperto circa il 40% del consumo mondiale) è sceso sotto i 5 mila dollari; l’alluminio resta sui minimi da sei anni (1.549,50 dollari); lo zinco ha chiuso ieri al livello più basso dal 2012; il nichel oscilla intorno ai 10.415 dollari.

In questo panorama ‘brillano’ solo i grandi diamanti, che resistono nella generale caduta di prezzi delle pietre preziose. Secondo la società britannica Gem Diamond, infatti, i prezzi per i diamanti di oltre 10 carati sono calati di circa il 3% nella prima metà dell’anno a fronte di un calo di circa il 30% delle gemme più piccole. I prezzi delle pietre preziose nell’ultimo anno sono crollati a causa della stretta del credito che ha colpito gli operatori e di una domanda di gioielli più debole del previsto. Tanto che il più grande produttore al mondo di diamanti, la sudafricana De Beers, ha deciso di tagliare la produzione e di consentire ai propri clienti di rinviare gli acquisti già concordati.

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