Gabo amico di Cuba e Fidel, spiato da Fbi

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BOGOTA’. – Per quasi un quarto di secolo, Gabriel Garcia Márquez è stato spiato dall’Fbi, anche dopo aver vinto il Nobel nel 1982. Da quanto scritto in 137 pagine declassificate di cui è entrato in possesso, il Washington Post precisa che l’agenzia iniziò a tener d’occhio ‘Gabo’ quando, nel 1961, prese una stanza presso l’Hotel Webster, a Manhattan, insieme alla moglie e al primo figlio, Rodrigo Garcia. Garcia Márquez lavorava in quel periodo per l’agenzia cubana Prensa Latina, così come facevano d’altra parte anche altri scrittori e intellettuali della sinistra latinoamericana.

Sulla base dei documenti Fbi, a dare l’ordine di aprire un ‘dossier’ sul futuro Nobel colombiano fu niente meno che J. Edgar Hoover, per anni potentissimo capo degli 007 americani. A suscitare tanto interesse fu proprio la vicinanza di ‘Gabo’ all’isola comunista, probabilmente in particolare la sua amicizia, mai messa in discussione, con Fidel Castro.

Quando il Nobel colombiano morì, il 14 aprile dell’anno scorso, L’Avana fu tra i primi a mandare un messaggio di cordoglio alla moglie: “Cara Mercedes, il mondo, soprattutto i popoli della nostra America, hanno perso fisicamente un grande intellettuale”, sottolineò il presidente Raul Castro. Il saluto del ‘lider máximo’ cubano fu più scarno – “Da Fidel Castro Ruiz, all’amico caro” – ma mise in evidenza proprio il punto chiave del rapporto tra i due, e cioè una lunga e profonda amicizia, che – precisò in un’occasione Fidel – si sviluppò “nel corso di centinaia di ore di conversazioni e discussioni, sempre interessanti e stimolanti”.

Finita la Guerra Fredda, quando ‘Gabo’ aveva raggiunto ormai una fama mondiale, lo scrittore di Aracataca riuscì d’altro lato a stabilire un canale di comunicazione tra Fidel e il presidente Bill Clinton, un grande ammiratore dei suoi libri. La notizia che l’autore di ‘Cent’anni di solitudine’ fu per molto tempo sotto la lente d’ingrandimento dell’Fbi non ha scosso più di tanto né i media colombiani né il figlio Rodrigo il quale, commentando l’articolo del Washington Post, ha tagliato corto ricordando proprio i vincoli del padre con Cuba e precisando che “caso mai sarebbe stato un fatto insolito che non fosse stato spiato”.

(di Martino Rigacci/ANSA)

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