Nesta, uno degli ultimi baluardi della difesa azzurra

Nella foto di Richard Linares, al centro Alessandro Nesta, a destra Carlos Dorado.

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CARACAS – Durante la sua carriera ha incarnato la figura del difensore centrale moderno con abilità tecnica, ma anche carisma e notevoli doti di leadership. Dagli anni della Lazio a quelli del Milan alla nazionale s’impone come il migliore difensore centrale italiano degli ultimi tempi, sempre in grado di fare la differenza indipendentemente dalla maglia indossata.

Alessandro Nesta si distingue per il suo buon tocco di palla, senso dell’anticipo e velocità. Sin da giovanissimo mette in mostra personalità da vendere, conquista subito la fascia di capitano della Lazio e guida con sicurezza i compagni di reparto. Spettacolare era la facilità con cui riesciva a togliere la palla all’avversario e come rilanciava i compagni.

Abbiamo incontrato il campione del mondo durante la sua visita a Caracas per lanciare la nuova campagna pubblicitaria per Hugo Boss.

L’avventura di Nesta con la palla a chiazze inizia nel 1984, in quel periodo la Lazio si preparava ad iniziare una stagione che la riporterà nuovamente in Serie B, ma su un campetto polveroso di Cinecittà sta iniziando a tirare calci ad un pallone un ‘pupo’ di otto anni e mezzo.

Ad accorgersi per primo del talento di questo ragazzo fu Francesco Rocca, ex calciatore della Roma ed osservatore della squadra giallorossa. Vide Nesta e lo volle a tutti i costi nella Roma. Ma il papà di Alessandro Nesta disse di no alla Roma, dando una svolta alla carriera di suo figlio e forse anche alla storia della Lazio. “Giocavo nella U.S. Cinecittà, una società che era affiliata alla Roma. Mi avevano visto e mi volevano, ma io vengo da una famiglia profondamente laziale, quindi papà ringraziò ma disse di no. Abitavo in una zona di palazzoni, ci saranno state qualcosa come 3.000 famiglie e la nostra era l’unica laziale. Tutti eravamo laziali in famiglia, ma tifosi, non semplici simpatizzanti”.

Il difensore ha percorso tutta la trafila della società biancoceleste, arrivando in prima squadra all’età di 18 anni, ai 21 era già capitano. Nesta, era già uno dei punti di riferimento della squadra di Formello, entrando subito nel giro della nazionale maggiore.

Con la Lazio ha vinto due scudetti, due Coppe Italia, due Super Coppe Italiane, una coppa delle Coppe ed una Super Coppa Europea. Per questo motivo é diventato uno dei beniamini della tifoseria.
Quando gli viene chiesto chi era il suo ídolo durante la sua infancia, confessa che era l’argentino José Antonio Chamot, noto per aver vestito in Italia le maglie di Pisa, Foggia, Lazio e Milan.

Nel 2002, per sanare problemi economici della società, la Lazio vende il suo cartellino al Milan per 30 milioni di Euro, e così con i rossoneri giocherà per 10 anni.

“In un giorno hanno venduto sia me che Crespo. Il mio sogno era quello di giocare per sempre con la Lazio, ma non ho avuto nessuna possibilità di scelta. Non mi sono sentito tradito, ma la società in quel momento mi ha fatto uscire male di scena. Ero molto giovane, se mi fosse capitato adesso sarei riuscito a difendermi meglio e a gestire sicuramente meglio la vicenda. Io capisco le esigenze di quel momento della Lazio che doveva venderci per fare cassa, ma farmi passare addirittura per uno che voleva andare via non è stato proprio carino e mi ha ferito. Invece mi hanno fatto passare per uno che voleva andare via, quando la realtà era diversa. Avevo ricevuto tanto dalla Lazio, ma avevo anche dato tanto, quindi avrei meritato di andare via in un altro modo”.

Per Nesta il ricordo più bello con la casacca biancoceleste é lo scudetto vinto in rimonta contro la Juventus. “Il momento più bello è stato la conquista dello scudetto, per giunta vinto in quel modo. Noi dentro lo stadio a guardare la Juventus che giocava, con settantamila persone appese insieme a noi alle voci e alle immagini che arrivavano da Perugia. Poi è arrivato il momento del trionfo ed è stata una festa impressionante, perché vincere a Roma non è come vincere da altri parti. A Roma si festeggia di più e più a lungo. Le immagini della festa dello scudetto le ho ancora scolpite nella mente. Mai visto o vissuto niente di simile in tutta la mia vita”.

Con il Milan ha messo in bacheca tre campionati di Serie A, una Coppa Italia, due Supercoppe italiane, due supercoppe europee, un mondiale per club. Con i rossoneri il ricordo più grato ad Alessandro, é la Champions League vinta a Manchester dopo i calci di rigore contro la Juve, dove lui ha segnato uno dei rigori decisivi.

Nella sua gloriosa carriera, di attaccanti, ne ha affrontati tanti, ma confessa che quello che gli faceva più paura al momento di affrontarlo era il fenomeno, Ronaldo. Confessa che quello che potrebbe diventare il suo erede in difesa sará Alessio Romagnoli, attualmente in forza al Milan.

Grazie alla sua leadership con la nazionale esordí giovanissimo, diventando titolare inamovibile e disputando tre mondiali (tra cui quello vinto nel 2006). In quello del 1998, a causa di un infortunio ha conosciuto Gabriela Pagnozzi, sua moglie.

Nesta confessa che “devo tutto a mio padre, per anni ha fatto sacrifici incredibili per portarmi in giro da una parte all’altra della città per gli allenamenti e per le partite, con qualsiasi tempo. Solo ora che sono anche io genitore, capisco quanti e quali sacrifici ha fatto mio padre in quegli anni e gliene sarò per sempre riconoscente. L’altra persona a cui devo tantissimo è Volfango Patarca. Mi ha visto giocare e mi ha portato subito alla Lazio, la squadra del cuore, la squadra della mia vita. Quindi arrivare alla Lazio è stato anche per papà una sorta di sogno che si è realizzato”.

Nesta poi racconta così la sua nuova vita da allenatore: “Ho cominciato a pensarci già due, tre anni prima di chiudere la carriera da calciatore. Sapevo che il calcio mi sarebbe mancato e questa era la soluzione ideale, per provare la stessa adrenalina, che per uno come me è fondamentale. Così due anni prima di smettere, ho cominciato a studiare, sono andato a Coverciano, per prendere il patentino, ho fatto avanti e indietro da Miami, dove nel frattempo mi ero trasferito, perché era il mio nuovo obiettivo. Conosco il calcio americano perché ci ho giocato e la mia intenzione era quella di rimanere qui, per sempre”.

Il progetto Miami ha quindi fatto il resto: “Paolo Maldini lo conosco da una vita, sa di calcio come pochi. Riccardo Silva è un uomo d’affari di successo, che fa tutto molto seriamente. Noi debutteremo l’anno prossimo, la squadra è ancora da costruire, ma Silva ha intenzione di portare a Miami un grande nome, una stella, forse due. Mauro Pederzoli, il nostro direttore sportivo, è in Sudamerica. Vogliamo in squadra composta anche da americani oltre che da sudamericani. Italiani e venezuelani? Stiamo vedendo. Sarà la mia prima esperienza come allenatore. Devo capire se sono bravo per questo mestiere, sennò me ne vado a casa”.

Nel suo Miami vorrebbe avere in rosa a Juan Arango, ma sa che per avere l’ex capitano della vinotinto deve aspettare. “E’ un giocatore interesante. Non solo perchè ha talento da vendere, ma é un’ottimo tiratore di punizioni e la sua esperienza potrebbe aiutarci tanto. Sarebbe interesante averlo in rosa, perchè giochiamo a Miami dove ci sono un sacco di venezuelani”.

Durante la sua gloriosa carriera ha avuto il privilegio di essere allenato da Volfango Patarca (il suo primo allenatore), Dino Zoff, Zdeněk Zeman, Carlo Ancelotti, Marcello Lippi, Giovanni Trapattoni ed altri. Nonostante sia cresciuto nella scuola del catenaccio, promette che adotterà uno stile ofensivo. “Sono stato con Lippi, Zeman, Eriksson, Ancelotti… Ognuno mi ha lasciato qualcosa. L’obiettivo è di schierare una squadra che diverta, perché il calcio è spettacolo, così facendo si porta gente allo stadio. Il mio obiettivo, invece, è di crescere e rimanere negli Stati Uniti. Non vorrei tornare in Europa, anche se non si può mai dire”.

La sua visita in Venezuela é stata anche motivata per presentare la nuova campagna di cui farà parte. “Mi sento privilegiato di partecipare in un evento del genere ed essere parte del mondo della moda. Per diversi anni ho vissuto a Milano, che é famosa per la moda. Per me é una nuova sfida personale, non solo come calciatore, ma anche come immagine di Hugo Boss”.

(Fioravante De Simone/Voce)
(Nella foto di Richard Linares: al centro Alessandro Nesta, a destra Carlos Dorado)

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