Aiutare gli orfani bianchi

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ROMA: Sono minori stranieri – bambini e adolescenti – figli di lavoratori immigrati con un regolare permesso di soggiorno, lasciati soli nel loro Paese di origine per lunghi periodi prima che possano raggiungere i loro genitori in Italia. Sono i cosiddetti orfani bianchi (children left behind) che portano spesso con sé storie di vulnerabilità e vuoti difficili da colmare con il semplice ricongiungimento familiare.

Per questi motivi e per tanti altri, l’associazione milanese “Donne Latinoamericane”, guidata dall’ecuadoriana Lorena Ramírez, insieme ad altre federazioni impegnate nella ricostruzione del rapporto genitore-figli, sono alla ricerca di strumenti che favoriscano l’inserimento di minori stranieri in Italia e consentano ai bambini di integrarsi nella società ospitante. E lo hanno trovato, nel dispositivo del congedo parentale per motivi di ricongiungimento familiare.

Un permesso dal lavoro retribuito che consentirebbe al lavoratore immigrato di seguire il figlio dopo una lunga separazione; dia il tempo al minore di integrarsi alle nuove condizioni di vita superando così i sentimenti di perdita e di sradicamento che conseguono al viaggio.

E’ questo il fondamento della proposta di legge presentata alla Camera dai deputati del partito Democratico Chiara Scuvera (prima fimataria) Eleonora Cimbro e Giuseppe Guerini. Rispondendo all’appello che l’associazione con sede a Milano ha fatto a tutti i partiti che siedono in Parlamento, i democrats vorrebbero porre rimedio a un vuoto normativo nel Testo Unico sulle politiche migratorie (25 luglio 1998, n.286) inserendo la possibilità di richiedere il congedo dal lavoro fino a 5 mesi successivi all’arrivo del minore in Italia.

Periodo che sarà retributo all’80% del salario giornaliero a tutti i lavoratori e lavoratrici indipendentemente dalla tipologia contrattuale. L’indennità sarà anticipata dal datore di lavoro per conto dell’Inps o pagata direttamente dall’Istituto di previdenza a seconda della tipologia di lavoro dell’interessato.

I genitori avranno così la possibilità di accompagnare i figli nel percorso di inserimento a scuola e nella società, prevenendo in questo modo alti costi sociali che derivano da emarginazione o mancata messa a frutto delle proprie capacità.

«Sono tantissimi i minori che arrivano in Italia e che non riescono a inserirsi. Spesso sono abbandonati a loro stessi e molti si perdono in storie di droga, prostituzione e criminalità», ci spiega la presidentessa dell’Associazione Lorena Ramírez.

La maggior parte degli “orfani bianchi” provengono dall’Est, come rivela un recente studio condotto in 25 Paesi per conto della commissione Europea. Si tratta di 500 mila bambini rimasti in Romania, Polonia e Repubbliche Baltiche, effetto dell’emigrazione soprattutto femminile. Donne arrivate in Italia che paradossalmente sono costrette a lasciare i propri figli alle cure di parenti per occuparsi di anziani e bambini italiani. Sono il popolo delle badanti.

Ma è difficile avere un quadro esaustivo del fenomeno. Secondo l’Unicef le stime di minori presenti in Romania, per esempio, sarebbero circa 350 mila, cioè il 7% della popolazione tra gli 0 e i 18 anni, di cui 157 mila con il solo padre all’estero, 67 mila con la sola madre e circa 126 mila con entrambi i genitori emigrati. Secondo una ricerca pubblicata da Nicoletta Daniela Aztei, Niculina Karacsony e Oana-Monica Lacusta, nell’ambito del progetto “Orfani bianchi/home alone-un problema che riguarda tutti noi!” attuato dall’associazione Alternativa sociale, l’assenza di entrambi i genitori o anche solo uno di essi potrebbero essere causa di futuri casi di abuso e di sfruttamento.

Ed è sempre la Romania, in particolare gli psicologi rumeni, ad aver coniato il termine “sindrome Italia”, per indicare una serie di disturbi connessi alla sensazione di abbandono di cui soffrono spesso questi minori (depressione, dipendenza di droghe e alcol, devianza) ma anche i genitori migranti (sensi di colpa, difficoltà a ristabilire un rapporto con i figli).
A queste persone vuole dare un aiuto concreto l’associazione “Donne Latinoamericane”, attraverso la costruzione di una rete capillare in tutto il Paese che ha l’obiettivo di mettere in contatto le organizzazioni no profit locali e le istituzioni, promuovere politiche attive di cittadinanza e favorire in questo modo l’integrazione.

«Perché la società multiculturale è una società più competitiva. Dobbiamo dotarci di strumenti che consentano alle nuove generazioni di poter partecipare attivamente alla vita sociale del Paese e di sentirsi subito a casa», spiega l’on. Scuvera.

«Stiamo portando a termine una serie di incontri in giro per l’Italia. Dopo gli appuntamenti di Rimini e Milano, il 17 ottobre presenteremo la proposta di legge a Monza e parleremo di “Migrazione, cittadinanza attiva e diritti nell’universo migrante”, con la partecipazione delle comunità di immigrati e di enti operanti nel settore dell’immigrazione», rivela Lorena Ramírez che nel frattempo ha fondato il “comitato nazionale del diritto al congedo parentale” con l’obiettivo di promuovere il provvedimento.

Un tassello aggiuntivo al processo di riforma del diritto di cittadinanza, iniziata questa settimana con l’approvazione alla Camera della proposta di legge sullo ius soli temperato, ma che allo stesso modo, non sarà privo di ostacoli.

Laura Polverari

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