Petrolio: Opec centra target, la produzione Usa ai minimi

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ROMA. – Non tagliare le quote di produzione e far precipitare i prezzi per mettere fuori gioco lo shale oil americano, la cui estrazione è più cara rispetto ai metodi tradizionali. La strategia Opec, non dichiarata ma evidente, ha dato i suoi frutti se, come emerge dai dati citati dall’agenzia Bloomberg, la produzione Usa, che ha raggiunto un picco a gennaio, è ormai tornata ai livelli del novembre 2014, quando il Cartello decise di non tagliare le quote. A pagare cara questa politica di prezzi bassi, però, sono anche i Paesi Opec più fragili, Venezuela in testa.

Guardando il grafico dei prezzi fornito dall’Energy information administration, l’ente che diffonde le statistiche petrolifere ufficiali negli Stati Uniti, dal picco di giugno 2015 si assiste a un crollo di produzione di circa 500mila barili al giorno, ai 9,1 milioni di barili del 9 ottobre scorso.

Secondo le stime dell’Agenzia internazionale dell’energia, inoltre, l’emorragia di barili si aggraverà il prossimo anno, quando la produzione scenderà sotto il livello di novembre 2014, per arrivare poco sopra gli 8,8 milioni. A beneficiarne saranno ovviamente i Paesi Opec, con una domanda che dovrebbe salire a 31,1 milioni di barili contro i 29,3 del 2014.

“La loro strategia – commenta Miswin Malesh, analista di Barclays – sta funzionando. Adesso significa dolori, ma nel medio e lungo termine raccoglieranno i frutti di un mercato più bilanciato, forniture di shale più contenute, domanda crescente di petrolio e, alla fine, prezzi più alti”.

I ‘dolori’ di cui parla l’analista sono particolarmente avvertiti dai cosiddetti “cinque fragili”, vale a dire Algeria, Iraq, Libia, Nigeria e Venezuela, le cui deboli economie hanno mal sopportato un anno di prezzi sotto i 50 dollari. Il prezzo medio del paniere Opec, infatti, è stato del 46% inferiore a quello del 2014, con una perdita di valore dell’export di circa 370 miliardi di dollari.

Particolarmente in crisi appare il Venezuela, che infatti chiede con insistenza una revisione della strategia del Cartello. Il presidente Nicolás Maduro ha detto in tv che il ministro del Petrolio, Eulogio Del Pino, in occasione degli incontri tra membri Opec e altri produttori “presenterà le prove” della necessità di un cambio di rotta.

Invece nell’incontro che si è svolto ieri a Vienna tra Opec e gli altri Paesi produttori di petrolio al di fuori del Cartello non si è parlato di taglio delle quote di produzione o di stabilire un target per il prezzo del greggio. Lo ha riferito all’agenzia Bloomberg Ilya Galkin, del ministero dell’Energia russo.

Il Venezuela ha invece proposto un vertice tra i capi di Stato dei Paesi Opec e degli altri produttori per discutere dei prezzi e trovare l’equilibrio necessario agli investimenti per gli approvvigionamenti futuri. Secondo il ministro venezuelano Eulogio del Pino “un equilibrio” dei prezzi intorno a 88 dollari al barile è necessario per assicurare lo sviluppo di nuove risorse.

Il 4 dicembre prossimo a Vienna “ci sarà una riunione dei Paesi produttori di petrolio dell’Opec sull’opportunità di tagliare o meno la produzione mondiale di petrolio”: così il ministro del petrolio del Kuwait, Ali Al-Omair, in visita al padiglione del Paese a Expo.

Il tema “è da affrontare insieme a tutti i Paesi produttori del mondo, non solo quelli Opec – ha detto -. Siamo parte dell’Opec che oggi produce il 30 per cento della produzione mondiale, il nostro ruolo come Kuwait è quello di essere solidali con i nostri colleghi e costruire una strategia che stabilisca i prezzi migliori per i produttori e i consumatori. Il 4 dicembre speriamo di arrivare a una decisione di cui beneficeremo tutti”.

“Il nostro problema, che stiamo affrontando – ha aggiunto – è che alcuni produttori fuori dall’Opec vogliono che soltanto noi ci assumiamo lo svantaggio di diminuire la nostra produzione ma noi non possiamo assumere questo rischio da soli – ha detto -. Speriamo che per quella data si decida se mantenere il tetto dei 30 milioni di barili al giorno o se c’è qualche obiettivo oltre a questo”.

Il governo del Kuwait “ha diversi obiettivi: la prima sfida è raggiungere una produzione interna di 4 milioni di barili al giorno (dai 3 milioni attuali) entro il 2020 e contemporaneamente fissare un prezzo del petrolio che sia stabile e ragionevole sia per i produttori che per i consumatori” ha concluso.

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