Dopo il risultato delle votazioni in Spagna, Renzi blinda l’Italicum

Elezioni Spagna: Pablo Iglesias
Elezioni Spagna: Pablo Iglesias
Elezioni Spagna: Pablo Iglesias

ROMA. – “Sia benedetto l’Italicum”. Matteo Renzi guarda alla Spagna e pensa all’Italia. Il “balletto post elettorale” prodotto da Podemos e Ciudadanos a Madrid, Roma l’ha sperimentato nel 2013 per l’exploit dei 5 Stelle, a incalzare Pd e Fi. Ma con l’Italicum non accadrà più: grazie al ballottaggio “ci sarà un vincitore chiaro”, rivendica il premier, ribadendo un pensiero già espresso a caldo, nella serata di domenica, dal ministro Maria Elena Boschi.

Il ragionamento, però, non convince affatto la sinistra. E non solo quella ‘extra Pd’, che nel doppio turno rischia di venire travolta. Ma anche quella interna al Pd, che torna a chiedere di cambiare la legge elettorale. O, avverte Pier Luigi Bersani, si corre un “rischio tsunami”.

Riformare il sistema istituzionale è necessario, sottolinea Sergio Mattarella, perché “il senso di incompiutezza” non produca “ulteriori incertezze e conflitti, oltre ad alimentare la sfiducia”. Perciò il presidente della Repubblica auspica che le riforme – il voto che chiuderà la prima lettura è in programma alla Camera l’11 gennaio – “giungano a compimento” in questa legislatura. E aggiunge che serve un “riordino e recupero della razionalità del processo legislativo”.

Ma intanto, all’indomani del voto che crea incertezza e timori in Spagna, il presidente del Consiglio sottolinea come la nuova legge elettorale “cancelli” in Italia il balletto delle trattative per formare i governi e consegni a chi vince “una maggioranza in grado di governare”. Ma per vincere, osserva Renzi, bisogna lasciarsi alle spalle la “miope politica di rigore” dettata negli ultimi anni dall’Europa.

Lo insegna quanto accaduto in Spagna, Portogallo e Grecia. Perciò il premier annuncia che andrà avanti nella sua “battaglia” anti-austerità in Ue, che lo ha portato la scorsa settimana a incalzare la Germania. “Spero di farla in compagnia più numerosa. Anche perché meno numerosa sarebbe tecnicamente impossibile”, scherza.

Ma proprio il risultato spagnolo porta il centrodestra e la sinistra (non il M5s, che esulta per la vittoria delle “forze antisistema”) a insorgere contro una legge elettorale con premio di maggioranza alla lista che, al ballottaggio, rischia di mandare in scena il confronto Pd-M5s e che in Parlamento ridurrà drasticamente la rappresentanza dei piccoli partiti.

“Di leggi che regalavano la maggioranza di seggi anche a chi non ha vinto ne ricordiamo già un’altra, nel Ventennio…”, protesta dalla Lega Roberto Calderoli. E anche Pippo Civati paragona l’Italicum alla legge Acerbo del 1923, perché – spiega – chi prende poco più del 20% rischia di prendere il 55% dei seggi in Parlamento. Scegliere la via di “un governo senza popolo è una strada pericolosa e senza uscita”, avverte Stefano Fassina.

Dalla minoranza Pd Gianni Cuperlo invita a evitare il “provincialismo” dei paragoni con la nostra legge elettorale e avviare una “riflessione seria” su uno scenario politico che in tutta Europa sancisce la “fine del bipolarismo”, in una nuova “dinamica tripolare”. “Altro che benedetto Italicum. All’altare della governabilità si rischia di ammazzare la rappresentanza”, replica più direttamente al premier Roberto Speranza. E afferma che l’Italicum “è stato un errore e va cambiato”.

La minoranza Dem chiede di introdurre il premio alla coalizione o la possibilità di apparentamento al secondo turno. Ma Bersani si spinge oltre: “Io continuo a essere per il doppio turno di collegio. La governabilità non può essere una camicia di forza” che penalizza le opinioni dei cittadini.

Ma il vicesegretario Lorenzo Guerini chiude ogni spiraglio: “Non è minimamente in discussione la possibilità di modificare l’Italicum”.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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