Italia in prima fila contro il terrorismo

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BAGHDAD. – L’Italia intende continuare a giocare “un ruolo fondamentale nella coalizione contro Daesh: Qui siamo impegnati al massimo e lo saremo sempre di più”. E’ la promessa che Pietro Grasso lascia ai vertici dello Stato iracheno incontrati durante la sua visita a Baghdad per gli auguri di Natale per i circa 700 militari italiani impegnati in questo Paese .

Quello italiano è il secondo contingente straniero impegnato nell’area per consistenza, ed è impegnato soprattutto per la formazione delle forze di polizia locali e per la tutela dei beni culturali. Un lavoro fondamentale per il futuro dell’Iraq, ancora martoriato dalla violenza e minacciato dall’Isis, che ha per capofila i Carabinieri.

Grasso definisce l’Arma come “una eccellenza italiana, il meglio che l’Italia può dare per formare forze di polizia irachene che garantiscano ordine pubblico con umanità e rispetto delle persone”.

L’Iraq vive una delle fasi più delicate della sua storia dopo la fine della guerra. E si gioca tutto sulla credibilità internazionale. E’ per questo che la visita di Grasso a Baghdad viene letta positivamente dal presidente del Parlamento iracheno Salim al Jabouri, che la definisce “un segnale importante soprattutto per i nostri vicini che così capiscono come il nostro Paese può contare su degli amici”, con una chiara allusione a Daesh.

Il Paese ha bisogno di una ricostruzione non solo fisica: un processo che avanza con difficoltà sia per la violenza che impera nel territorio sia per la minaccia rappresentata dai fondamentalisti dell’Isis. Per questo bisogna costruire una convivenza pacifica che tuteli le minoranze, soprattutto quella cristiana, che si vede fortemente minacciata dalla preponderanza islamica nelle Istituzioni.

I cristiani, infatti, si sentono fortemente presi di mira dai politici al governo, tutti musulmani. “Grave preoccupazione” esprime il patriarca di Baghdad, monsignor Louis Sako, che a Grasso denuncia tanti gesti di intolleranza nei confronti dei fedeli, in particolare una legge in base alla quale i figli di chi si converte all’islam verranno automaticamente considerati musulmani. La legge è stata rinviata al Parlamento dal presidente della Repubblica Fouad Masum, il quale anche oggi ha assicurato a Grasso, che ha avanzato le sue perplessità, che il provvedimento non andrà avanti.

Grasso ha sollevato il tema anche nell’incontro con il presidente del parlamento iracheno, il quale non solo ha confermato che la legge sarà rivista, ma che essa desta perplessità tra vari componenti del parlamento. Ma il patriarca di Baghdad ha comunque paura: “Non sono ottimista. Se si va avanti così non resteranno più cristiani qui. È questo la comunità internazionale non può accettarlo”.

Da Baghdad, Grasso si trasferisce a Erbil, la capitale regione autonoma del Kurdistan dove la situazione è decisamente più pacifica che nella capitale e si guarda a uno sviluppo economico in cui l’Italia vuol giocare una parte importante: in questo quadro si inserisce l’inaugurazione del consolato italiano che, sostiene la seconda carica dello Stato, testimonia la voglia “di far crescere qui la presenza italiana”.

(dell’inviato Francesco Bongarrà/ANSA)

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