ROMA. – “Un vincitore c’è ed è il voto che si può chiamare anti-establishment, quello che spinge per il rinnovamento e si oppone alla politica dei partiti maggioritari”.
Giovanni Orsina, professore di Storia Contemporanea e vice direttore della School of Government della Luiss, analizza così, in attesa dei ballottaggi, i risultati delle elezioni comunali facendo riferimento agli esiti di Roma con i consensi ottenuti da Virginia Raggi, di Torino con il risultato di Chiara Appendino, e di Napoli con De Magistris.
“Certo – rileva – De Magistris è il sindaco uscente però il significato nazionale della sua figura rafforza questo vento anti-establishment”. Orsina fa, quindi, un paragone calcistico: “Renzi ha strappato un pareggio al 90′: considerando che Giachetti è andato al ballottaggio e che la distanza tra Fassino e Appendino è una distanza importante direi che in qualche modo è riuscito a tenere il terreno, non è forte, però grossomodo è riuscito a tenere, certo ora bisogna capire come si mettono i ballottaggi”.
Per quanto riguarda la destra, per Orsina laddove c’è stata un’alleanza, ha fatto molto bene, male invece il centrodestra. Rispetto a un eventuale effetto del voto sul referendum costituzionale di ottobre, “il segnale di questo primo turno – spiega Orsina – non è buono per i sostenitori del sì al referendum perché i gruppi di protesta, anti-renziani, messi tutti insieme hanno ottenuto dei risultati interessanti”.
L’esempio è quello della Capitale, sottolinea ancora, dove sommando Raggi e Meloni si va oltre il 50%.
Per Piergiorgio Corbetta, dell’Istituto Cattaneo, quello che emerge da questi risultati è che ci sono importanti segnali di movimento ma al momento lo scenario che si delinea non è chiaro e sarà dunque determinante il risultato dei ballottaggi, primo fra tutti quello di Milano: un esito “cruciale”, sia per il Pd che per il centrodestra.
Secondo Corbetta il quadro dei Cinque Stelle è sostanzialmente positivo perché oltre al successo di Roma, c’è il voto di Torino dove Chiara Appendino è arrivata al 30%: questo in una situazione “ben diversa da Roma dove ci può essere stato un voto di protesta o di desiderio di cambiamento nei confronti di una città mal governata negli ultimi decenni. A Torino non è questo il sentire comune, si può dire che la città sia stata governata abbastanza bene dal centrosinistra e ciononostante c’è questo risultato molto forte”.
(di Francesca Catà-ANSA)