Renzi, non mi presterò a giochi di palazzo

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ROMA. – Non mi presterò a giochi di palazzo. Così sintetizzano il pensiero di Matteo Renzi i parlamentari a lui vicini, nelle ore in cui un manipolo di senatori alfaniani minaccia la vita del governo. Ancor prima che si arrivi al bivio referendario, le fibrillazioni di Ncd si ripercuotono sulla maggioranza al Senato e rappresentano un’incognita per il prosieguo della legislatura.

Tanto che i renziani mettono in conto diversi scenari possibili. Il più probabile, professano ottimismo, è il ritorno della calma al Senato e la vittoria al referendum. Se però così non andasse e il governo dovesse cadere, non sarà prestato il fianco a ‘soluzioni’ diverse dal voto anticipato, anche perché poco praticabili in Parlamento.

A Palazzo Madama i ‘ribelli’ di Ncd, magari con la sponda di una manciata di verdiniani, aspettano il momento (il dl enti locali, si dice) per dare un segnale al governo. Preso atto delle fibrillazioni (che sarebbero limitate a 5-8 senatori), il premier ha fatto pervenire agli alfaniani segnali di apertura a discutere di temi per loro cruciali come la legge elettorale e la prescrizione.

E anche la fiducia confermata ad Angelino Alfano, di fronte a quanto emerge dalle inchieste, è una mano tesa dal Pd per rafforzarlo con i suoi. Ma Renzi, osservano fonti Pd, ha il più forte ‘alleato’ nella paura dei parlamentari di andare al voto. Anche perché se dovesse ‘crollare’ Ncd, osservano fonti Dem, non sarebbe possibile ‘rimpiazzarla’ con i senatori di Ala, perché a quel punto si staccherebbe la minoranza Pd.

“Le alternative? Ritornare alle larghe intese con Berlusconi, ma sembra ipotesi poco sostenibile anzitutto per il centrodestra. Oppure – sorride un deputato – riprovare col M5s”.

In un clima così agitato, i renziani soppesano le diverse alternative possibili rispetto alla via maestra, della vittoria al referendum. Inclusa quella di un voto anticipato a ottobre, con rinvio del referendum costituzionale di un anno (non impressionano il premier, assicura più d’uno, i sondaggi che danno il M5s vincente a un eventuale ballottaggio).

Un’altra ipotesi, nel caso in cui si calmino le acque Ncd, è che slitti di qualche mese il referendum: Renzi ha sempre detto che la data più probabile è a ottobre, ma si potrebbe restare entro i termini di legge, osservano fonti Dem, anche a gennaio o febbraio, dopo l’ok alla manovra.

Poi certo, osservano, c’è sempre la possibilità – su cui si ragiona nei capannelli in transatlantico – di un governo alternativo, tecnico o politico. Ogni decisione, si ricorda, spetterebbe comunque al capo dello Stato, l’unico titolare del potere di scioglimento delle Camere.

Ma Renzi, ricorda più d’uno, nella direzione di lunedì ha detto che la sua opinione – che esprimerebbe da segretario Pd – è che se vince il no alle riforme non solo il governo ma anche il Parlamento, che le ha votate, dovrebbe trarne le conseguenze.

E mentre dalla maggioranza Pd, solcata da sospetti reciproci, Matteo Orfini lancia l’appello a sciogliere tutte le correnti, la minoranza del Pd prova a compattarsi proprio sul tema referendum. La prossima settimana potrebbe tenersi una riunione congiunta delle aree che fanno capo a Roberto Speranza e Gianni Cuperlo per tenere una posizione comune.

Mentre guardando al congresso c’è già l’accordo sull’opportunità di presentare un candidato alla segreteria distinto dal candidato premier, per tenere separati i due ruoli. Sia Roberto Speranza che Enrico Letta smentiscono che il ‘ticket’ sarebbe composto da loro. “Speranza è il nostro candidato – dice un bersaniano – ma è ancora prematuro parlare di nomi”.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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