Referendum, con D’Alema scendono in campo i dem per il No

Il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi risponde a Massimo D'Alema che si schiera con il NO: sono pronta a fargli cambiare idea, dice e poi annuncia: Il referendum costituzionale potrebbe svolgersi tra la fine di novembre e i primi di dicembre. Nelle prossime settimane il Consiglio dei ministri stabilirà la data in base ai termini di legge. ANSA / MATTEO BAZZI
Il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi risponde a Massimo D'Alema che si schiera con il NO: sono pronta a fargli cambiare idea, dice e poi annuncia: Il referendum costituzionale potrebbe svolgersi tra la fine di novembre e i primi di dicembre. Nelle prossime settimane il Consiglio dei ministri stabilirà la data in base ai termini di legge. ANSA / MATTEO BAZZI
Il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi risponde a Massimo D’Alema che si schiera con il NO: sono pronta a fargli cambiare idea, dice e poi annuncia: Il referendum costituzionale potrebbe svolgersi tra la fine di novembre e i primi di dicembre. Nelle prossime settimane il Consiglio dei ministri stabilirà la data in base ai termini di legge.
ANSA / MATTEO BAZZI

ROMA. – “Le prossime settimane saranno importanti e l’impegno dovrà aumentare”, chiamava alle armi il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi, che di nuovo si schiera per il SI al referendum: “Se vogliamo avere l’occasione di fare un passo in avanti, lo possiamo fare con questa riforma, che garantisce la stabilità. Poi può darsi che nel tempo alcune cose si possano rivedere”.

Boschi risponde anche a Massimo D’Alema che si schiera con il NO: sono pronta a fargli cambiare idea, dice e poi annuncia: “Il referendum costituzionale potrebbe svolgersi tra la fine di novembre e i primi di dicembre. Nelle prossime settimane il Consiglio dei ministri stabilirà la data in base ai termini di legge – ha detto – . C’è tempo per indirlo fino al 13 settembre, poi in base alla legge il voto si svolgerà in una data compresa tra 50 e 70 giorni. E’ quindi probabile che si svolga tra la fine di novembre e i primi di dicembre”.

Sottoscrive le parole del suo ministro sull’importanza del sì il premier Matteo Renzi: “La vittoria del sì vuol dire che l’Italia avrà stabilità” per pensare ad altre questioni importanti, ed “è importante che sulle riforme strutturali alcuni paesi, tra cui gli Stati Uniti, abbiano espresso apprezzamento, valorizzando il nostro lavoro”, dice parlando dal G20 in Cina.

Il gioco si fa duro e ci si schiera in campo. In sostegno del Si arriva la lettera appello della “Sinistra per il sì”, che il 2 ottobre farà la sua assemblea a Milano. Personalità della politica e della società civile, che dichiarano di “avere a cuore prima di tutto democrazia, lavoro, welfare, solidarietà, equità, partecipazione. Per una democrazia inclusiva e decidente”.

Tra i primi a firmare Luigi Berlinguer, Cassano, Chiti, Damiano, De Micheli, Fassino, Finocchiaro, Gualtieri, Kustermann, Marini, Martina, Mauri, Orfini, Orlando, Pittella, Pizzetti, Ronchi, Staino, Tronti, Veca, Verducci, Zavoli ed il governatore del Lazio Nicola Zingaretti.

Ma poichè – come dice il leader della sinistra Pd Roberto Speranza invocando il dialogo, “Il Pd non può trasformarsi in un mega comitato elettorale per il sì o in una caserma in cui si ha cittadinanza solo se si vota sì” – ecco che scendono in campo anche i dem per il No, con un capitano di peso: Massimo D’Alema.

Al Cinema Farnese, teatro di storiche battaglie politiche, i comitati unitari di centrosinistra per il No iniziano ad organizzarsi, certi che il Pd “grazie al carattere liberale dello suo statuto” non ostacolerà i parlamentari democratici che non la vedono come Renzi.

E anzi accusano il premier di avere “snaturato il confronto referendario”, volendo dar vita ad “una sorta di partito unico di governo, posizionato al centro, che si concepisce come alternativo alla destra e alla sinistra”, alterando così “il profilo costitutivo del PD quale partito di centrosinistra”.

Il fronte dem per il No spiega – in un documento firmato tra gli altri da Corsini, Dirindin, Manconi, Micheloni, Mucchetti, Ricchiutti, Tocci, Bossa, Capodicasa, Monaco – che in caso di bocciatura della riforma “la circostanza che anche elettori e militanti del PD possano avere contribuito al no non autorizzerebbe a stabilire l’improprio automatismo: no alla riforma=crisi di governo”. Loro stessi, dunque, salverebbero Renzi dal cul de sac di un automatismo in cui, “sbagliando”, si era cacciato.

Ma per il leghista Roberto Calderoli la battaglia ha un esito scritto e “ormai sono milioni i cittadini che, a prescindere dallo schieramento politico di appartenenza, si stanno mobilitando per difendere la sovranità popolare e far vincere il NO al pasticcio centralista e liberticida”.

Una tesi avvalorata dal sondaggista Nicola Piepoli, per il quale “la netta vittoria iniziale del sì è piuttosto appassita e oggi il no sembra essere in lieve prevalenza nei sondaggi”: 51% al NO contro 49% al SI, con un ruolo degli elettori del centrodestra decisivo sull’esito finale.

Così, anche se a Cernobbio il 75% dei partecipanti si è detto favorevole al SI, il capogruppo Fi Renato Brunetta esulta: “Noi lo avevamo detto in tempi non sospetti. Ormai tutti i sondaggi fotografano questa situazione. Il ‘sì’ perde nettamente, il ‘no’ vince! Siamo sempre maggioranza del Paese, contro Renzi e la sua ‘schiforma’”.

(di Milena Di Mauro/ANSA)

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