Sale il potere d’acquisto, il rialzo maggiore dal 2007

FOTO DI REPERTORIOFoto LaPresse14-05-2012In un anno il carrello della spesa cresciuto del 4,7%
FOTO DI REPERTORIOFoto LaPresse14-05-2012In un anno il carrello della spesa cresciuto del 4,7%

ROMA. – Il potere d’acquisto delle famiglie continua a salire, mettendo a segno un +2,9%, il rialzo maggiore dal 2007, quando la crisi doveva ancora deflagrare. Dietro c’è però lo zampino della deflazione, se i prezzi non crescono il reddito non viene eroso. Nonostante ciò i consumi risultano deboli, mentre gli italiani diventano sempre più inclini al risparmio, come non accadeva dal 2010.

L’indagine dell’Istat sul secondo trimestre del 2016, aprile-giugno, va oltre i bilanci domestici, tirando anche le fila delle casse pubbliche, dove il disavanzo si riduce ancora, scendendo allo 0,2% e pure in questo caso si tratta del miglior dato da nove anni. Diminuisce anche la pressione fiscale, ma la crescita ereditata per quest’anno scende allo 0,6%.

Tornando alle famiglie, la capacità di spesa sale dell’1,1% trimestre su trimestre, grazie a un reddito nominale in rialzo dell’1,3% e a prezzi praticamente fermi. Questo tesoretto non viene però riversato in consumi, che su base trimestrale salgono appena dello 0,2%. Tutto a vantaggio della propensione al risparmio, che torna ai vertici dal 2010.

Quando la ‘ricchezza’ aumenta ma non altrettanto fa la domanda diversi possono essere i motivi. In uno scenario di calma piatta sul fronte listini le spese tendono ad essere rinviate, in attesa di ulteriori sconti. Per il Codacons è proprio così: “gli italiani sono sempre più ‘formiche’ e meno ‘cicale’ e mettono da parte i soldi rimandando gli acquisti al futuro”.

Quel che fa la differenza è “l’incertezza”, sottolinea invece Confesercenti, che teme uno stallo dovuto alla delusione per una ripresa anemica. “Nel secondo trimestre le famiglie italiane – stima – hanno ricevuto circa 130 euro in più per ogni nucleo: ma di questi ne hanno spesi solo 20, destinando i restanti 110 euro al risparmio”.

Più tranchant il commento di Adusbef e Federconsumatori: le due associazioni parlano di dati “sovrastimati”, privi di riscontro “nella vita che i cittadini conducono, nelle difficoltà che affrontano”.

Detto ciò, bisogna ricordare che i dati dell’Istat rappresentano una media generalizzata, dove non si tiene conto della distribuzione della ricchezza tra la popolazione. Fatto che, per altro, può influire anche sulla dinamica consumi.

Intanto si alleggerisce il peso del fisco, con la pressione scesa al 42,3% nel secondo trimestre, inferiore di 0,4 punti rispetto all’anno prima, anche se alcune voci delle imposte sono in aumento, come quelle legate alla prima voluntary disclosure (la regolarizzazione dei capitali detenuti all’estero). Certo tutto è sempre legato al Pil, che l’Istat rivede un po’ al ribasso, sia a livello trimestrale (da +0,8% a +0,7%) che come trascinamento sul 2016 (da +0,7% a +0,6%).

Cambiamenti, frutto della revisione generale dei conti, alla luce di cui emerge anche una nuova cronologia della crisi: la fase acuta della recessione si sarebbe interrotta già a fine 2012, lasciando spazio a una lunga stagnazione, con la crescita che si è riaffacciata, e questa è una conferma, a inizio 2015.

(di Marianna Berti/ANSA)

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