Usa2016: il duello dei vice a Pence, l’altro volto repubblicano

Mike Pence
Mike Pence
Mike Pence

WASHINGTON. – Il primo ed unico duello tv tra i candidati vice alla Casa Bianca l’ha vinto il repubblicano Mike Pence, secondo l’impressione unanime dei giornalisti, confermata dai primi sondaggi e dai focus group. E l’ha vinto senza difendere puntigliosamente Donald Trump e i suoi eccessi dalla raffica di attacchi del rivale Tim Kaine. Anzi, nutrendo forse già ambizioni presidenziali nel 2020, si è proposto come il volto moderato e rassicurante del ticket, l’altra faccia del partito repubblicano, quello dell’establishment che confida in lui e dei valori conservatori, per far presa sull’elettorato più tradizionale del Grand Old Party.

Insomma, un vice ‘compensativo’ e quasi alternativo, tanto da fare promesse e proposte che Donald Trump non ha mai apertamente sostenuto, come la necessità di bombardare l’esercito di Assad in Siria e di riformare la giustizia penale. Kaine, che giocava in casa come senatore della Virginia, è apparso invece troppo aggressivo e sovraeccitato, interrompendo spesso il suo interlocutore, un po’ come ha fatto Donald Trump con Hillary Clinton nel primo dibattito, anche se sicuramente come vice (rafforzativo) è stato migliore di Pence nel difendere il suo nominee vigorosamente. A volte anche esageratamente, come quando ha attribuito a Clinton il merito dei negoziati sul nucleare iraniano.

Naturalmente gli staff di Trump e Clinton si contendono la vittoria nel duello dei vice, promuovendoli a pieni voti. Ma almeno sembrano d’accordo sul fatto che non cambierà la traiettoria della campagna elettorale, anche se è stato visto da 40-50 milioni di telespettatori, la metà di quelli che hanno seguito il dibattito dei nominee.

Per il senatore Kaine e il governatore dell’Indiana Pence, quasi coetanei (rispettivamente 58 e 57 anni), e’ stata comunque l’occasione per uscire dall’ombra, dando un esempio di quanto diversa sarebbe stata una campagna con candidati ‘normali’.

Per Trump è un momento da capitalizzare per distrarre dai troppi problemi che recentemente hanno stoppato la sua rimonta: le offese a miss Piggy e alle donne, la controversa attività della sua fondazione, le tasse federali non pagate, gli affari con Cuba e l’Iran nonostante l’embargo e le sanzioni.

Kaine ha attaccato su tutti i fronti, chiedendo sin dall’inizio come il suo rivale avrebbe potuto difendere una campagna fatta di insulti, ma Pence, con la sua voce calda, la sua postura rilassata e il tono pacato di chi non ‘abbocca’ agli attacchi dell’avversario è stato abile nel dribblare o negare le accuse. E quando il senatore ha accusato Trump e Pence di apprezzare un “dittatore” come Putin ritenendolo un leader migliore di Barack Obama, il vice repubblicano ha replicato che è stata la “debole e fallimentare” politica estera dell’attuale presidente, ispirata dalla Clinton, a stuzzicare l’aggressività dell’orso russo, “che non muore mai ma va solo in letargo”.

Al ritratto di una Hillary ‘debole’, Kaine ha contrapposto quello di un Donald “maniaco”, di quelli che Ronald Reagan temeva potessero scatenare l’apocalisse nucleare. Sul terreno più scivoloso, quello delle tasse federali non pagate, Pence ha fatto muro sulla posizione di Trump, elogiando la sua capacità di sfruttare le normative fiscali rispettando la legge.

Con una moderatrice poco incisiva, Elaine Quijano della Cbs, Kaine ha dovuto andare all’attacco da solo, a volte dando l’impressione di avere troppe cartucce da sparare, spesso in una sola volta, tanto che Pence lo provocava chiedendogli “quanto l’hai provata questa battuta?”. Alla fine però è riuscito a fargli perdere la pazienza rinfacciandogli gli insulti di Trump ai messicani: “senatore, ha tirato fuori nuovamente questa cosa dei messicani”, ha reagito esasperato Pence, con una frase diventata virale sul web. L’ennesimo boomerang controproducente sulla vasta comunità ispanica.

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