Eni: petrolio dal Kashagan, spedito il primo lotto di greggio

Eni: petrolio dal Kashagan, spedito il primo lotto di greggio (AP Photo/North Caspian Operating Company)
Eni: petrolio dal Kashagan, spedito il primo lotto di greggio   (AP Photo/North Caspian Operating Company)
Eni: petrolio dal Kashagan, spedito il primo lotto di greggio
(AP Photo/North Caspian Operating Company)

ROMA. – E’ stato per lungo tempo quello che l’ex ad Vittorio Mincato definì “il problema numero 1”, ma adesso sembra finalmente risolto. L’Eni ha annunciato la spedizione del primo lotto di greggio prodotto nel mega-giacimento di Kashagan in Kazakhstan, dopo circa 16 anni di lavori e un investimento colossale, che per l’intero consorzio ha ampiamente superato i 50 miliardi di dollari.

A dare il primo annuncio che la situazione è stata finalmente sbloccata è stato in realtà il ministero dell’Energia del Paese asiatico: lo sfruttamento del mega-giacimento, che si trova offshore nelle difficili acque del mar Caspio settentrionale, è infatti in mano a un consorzio, in cui il gruppo petrolifero italiano è presente con una quota del 16,81%, mentre gli altri partner sono la locale KazMunayGas (16,88%), ExxonMobil (16,81%), Shell (16,81%), Total (16,81%), la Cnpc (8,33%) e Inpex (7,56%).

E’ chiaro però che per l’Eni questa notizia ha un significato particolare, dal momento che fu proprio il Cane a sei zampe, nel lontano 2001, a conquistare il ruolo di capofila del consorzio dopo la scoperta avvenuta l’anno prima: in seguito, però, vista anche l’entità dei costi necessari per sostenere un progetto di quella complessità, la compagine si è allargata e il ruolo di operatore è passato in capo al consorzio stesso, ma a ogni società è stata assegnata la responsabilità di una parte dei lavori.

All’Eni è toccata proprio quella relativa alla cosiddetta ‘fase del primo olio’, in pratica quella in cui ci troviamo adesso. Molti sono stati i problemi di natura tecnica che hanno complicato il percorso di Kashagan: il giacimento, un’area grande come l’area metropolitana di Londra con riserve stimate di circa 35 miliardi di barili di olio in posto, presenta infatti molte difficoltà, dalla pressione all’altissimo contenuto di zolfo, fino alle condizioni meteo, con acque che si ghiacciano da ottobre a marzo.

Tutte caratteristiche che hanno fatto accumulare un grande ritardo, aggravato poi dalla falsa partenza dell’11 settembre 2013: dopo poche settimane dall’avvio l’impianto si fermò a causa di anomalie nel sistema di trasporto che hanno determinato la sostituzione delle pipeline.

Per tutti questi motivi (ma anche per un lungo contenzioso con il governo kazako sulla gestione del progetto), come ha rivelato l’ex ad Paolo Scaroni il giorno in cui lasciò l’Eni, si è trattato per lungo tempo della preoccupazione principale per il management: “Quando sono arrivato nel 2005 – raccontò Scaroni in assemblea – l’ad uscente Vittorio Mincato mi diede un pezzo di carta con su scritto: problema n.1, Kashagan. Se dovessi fare la stessa cosa con Claudio Descalzi scriverei anche io Kashagan”.

Adesso, comunque, i problemi sembrano risolti, la produzione è finalmente partita (con la partenza del primo lotto di greggio dall’impianto di trattamento a terra e destinato all’esportazione) e, come ha annunciato l’Eni, aumenterà gradualmente fino a un primo livello di 180.000 barili al giorno, con un target di 370.000 barili al giorno che sarà raggiunto entro la fine del prossimo anno.

(di Francesca Paggio/ANSA)

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