Grillo ci prova ma la pax romana non regge

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Grillo ci prova ma la pax romana non regge
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ROMA. – E’ venuto a Roma anche per cercare di mettere fine alla faida interna che sta fiaccando il Movimento in Parlamento, ha sorriso a tutti e incontrato tutti: Luigi Di Maio e Virginia Raggi, Roberto Fico e Roberta Lombardi, Carla Ruocco e Carlo Sibilia, Paola Taverna e i consiglieri romani in Campidoglio. Insomma tutte le parti in gioco di una battaglia sotterranea e molto politica per quella che dovrebbe essere l’identità del Movimento del futuro, del M5s di governo. Ma la “ferita” che il leader M5s ha cercato di rimarginare in nome dell’unità necessaria per non farsi trovare impreparati ad un sempre possibile voto anticipato, resta comunque aperta.

Le accuse incrociate sull’esito della mobilitazione sul voto per il taglio delle indennità parlamentari, sull’intervista al sindaco di Roma e sul caso ‘frigoriferi’ segnalano ancora burrasca tra i contendenti. C’è chi accusa la sindaca di aver cercato di offuscare la riuscita dell’iniziativa della “nemica” Lombardi, prima firmataria della proposta sul dimezzamento degli stipendi dei parlamentari, chi di contro parla del tentativo di cercare un “capro espiatorio” al fallimento di piazza dell’iniziativa, chi se la ride per la faccenda dei frigoriferi definendola un “doppio autogol” della sindaca e chi si lamenta per la sortita in Campidoglio di Beppe Grillo, arrivato come la “croce rossa” in salvataggio della sindaca.

E Grillo, infatti, ha cercato di metterci, come si dice, una “toppa”, andando lui stesso dalla Raggi e dai consiglieri comunali per spronarli ad andare avanti: “Virginia è una macchina da guerra. Voi consiglieri siete perfetti. Noi stiamo crescendo e i romani ci sostengono sempre di più” gli ha detto.

Non ha alternative Grillo: vuole che il M5s marci compatto almeno fino alla data del referendum per potere intestare al Movimento un’eventuale vittoria del No. La macchina da guerra per la campagna referendaria non conoscerà soste da qui al 4 dicembre: un’iniziativa al giorno per mobilitare al voto.

E non vuole polemiche neppure in vista della scadenza, quella più immediata. Stasera scade infatti il termine per votare al nuovo Regolamento del Movimento, necessario per difendere il M5s nei tribunali, “dagli attacchi giudiziari e politici che gli arrivano” ha detto Davide Casaleggio. Per farlo servirebbe raggiungere il quorum del 75% dei votanti. Ma l’obiettivo potrebbe essere troppo ambizioso, considerato che tale soglia equivarrebbe a circa 100 mila votanti iscritti al Movimento.

Una soglia mai raggiunta neppure in occasione del voto per l’indicazione del Presidente della Repubblica quando, con le piazze che invocavano “Rodotà, Rodotà” il M5s raccolse le preferenze di circa 40 mila votanti. L’asticella potrebbe quindi scendere un po’: avere almeno il 50% dei voti degli iscritti sarebbe per Movimento un risultato altrettanto soddisfacente. Significherebbe comunque aver portato ad esprimersi circa 60/70 mila iscritti al Movimento.

Un piano “B” che nelle intenzioni dei vertici potrebbe comunque consentire all’associazione di difendersi in Tribunale dalle accuse degli espulsi che rinnegano la legittimità del regolamento pentastellato. “Con il Movimento stiamo facendo nuova giurisprudenza politica” ha spiegato Casaleggio Jr.

Una “giurisprudenza” che non convince però gli attivisti espulsi e riammessi da sentenza o disiscritti che contestano la validità della consultazione. E che chiedono a gran voce la convocazione di un’assemblea nazionale vera e propria per “discutere e deliberare l’adozione del metodo di votazione on-line,rendendolo sicuro, trasparente e conforme” alla legge.

(di Francesca Chiri/ANSA)

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