Responsabile società accoglienza arrestato per truffa

Responsabile società accoglienza arrestato per truffa
Responsabile società accoglienza arrestato per truffa
Responsabile società accoglienza arrestato per truffa

POTENZA. – I migranti ospitati a Potenza venivano “ufficialmente” registrati nelle liste consegnate alla Prefettura, ma “realmente” molti di loro si trovavano altrove (al lavoro per la raccolta del pomodoro e dell’uva, all’estero – con tanto di foto postate sui social – o addirittura ricoverati in ospedale), ignari del fatto che la società che si occupa della loro accoglienza continuava a percepire i fondi stabiliti dalla legge e il “pocket money”, ovvero i 2,5 euro destinati a piccole spese quotidiane degli stranieri: una truffa, quella scoperta dalla Polizia, che ha portato all’arresto di un imprenditore potentino e a due indagati.

Michele Frascolla, amministratore della società “Manteca” di Potenza, è ai domiciliari, indagato per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche: per la società è stato disposto anche il sequestro preventivo, con la nomina di un amministratore giudiziario per non interrompere il servizio di assistenza. Nel registro degli indagati – per turbata libertà degli incanti in concorso con Frascolla – sono finite altre due persone, Antonella Robortaccio (presidente della società cooperativa sociale “Solidarietà” di Bitetto, nel Barese) e Ottorino Arbia (presidente regionale dell’Arci e capogruppo del raggruppamento temporaneo di imprese “Arci-Città della Pace-Sicomoro”).

Le indagini, coordinate dalla Procura di Potenza, sono cominciate confrontando proprio le liste “ufficiali” consegnate alla Prefettura con le presenze effettive dei migranti nelle strutture di Potenza: sarebbero emersi diversi casi in cui gli stranieri erano altrove, senza però depennarne i nomi dai registri.

Alcuni erano già emigrati all’estero, altri lavoravano nei campi e uno di loro era addirittura finito in un servizio televisivo delle “Iene” sullo spaccio di droga a Prato. Nessuno di loro sapeva però che le società continuavano a percepire i fondi previsti per l’assistenza ai migranti (circa 30 euro in media a persona) e il “pocket money” (da 2,5 euro a un massimo di 7,5 per nucleo familiare), che nelle loro tasche non è quindi mai arrivato.

I registri contenevano firme false, o reali ma messe in anticipo e “una tantum” dagli stessi migranti. Secondo quanto è emerso dalle indagini, inoltre, le società avrebbero concordato le offerte da presentare alle gare per l’assegnazione del servizio di assistenza: quella vinta, in particolare, era di circa nove milioni di euro per l’accoglienza in Basilicata di circa 900 migranti nel periodo compreso tra il 1 marzo e 31 dicembre 2016.

(di Davide De Paola/ANSA)

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