Venditore ambulante morto dopo il sequestro della merce, Marocco in piazza

Moroccans angered by the death of the fisherman Mohcine Fikri, crushed to death in a city garbage truck Hoceima, northern Morocco, rally in a protest in Rabat, Morocco, 30 October 2016. ANSA/ABDELHAK SENNA
Moroccans angered by the death of the fisherman Mohcine Fikri, crushed to death in a city garbage truck Hoceima, northern Morocco, rally in a protest in  Rabat, Morocco, 30 October 2016. ANSA/ABDELHAK SENNA
Moroccans angered by the death of the fisherman Mohcine Fikri, crushed to death in a city garbage truck Hoceima, northern Morocco, rally in a protest in Rabat, Morocco, 30 October 2016. ANSA/ABDELHAK SENNA

RABAT. – Gli studenti si sono riversati in strada, disertando le scuole. E le chiamate alla piazza corrono veloci via web. La protesta scoppiata in Marocco, sabato, dopo la morte atroce un venditore ambulante di pesce, non si ferma. Una storia che sembra lo specchio di quella che innescò le primavere arabe. Quella volta, era il 2010, Mohamed Bouazizi, attivista tunisino, si diede fuoco sollevando un’ondata incontenibile d’indignazione e rabbia.

È venerdì quando Mouhcine Fikri, 31 anni, viene sorpreso per l’ennesima volta sul ciglio della strada a vendere pesce, a El Hoceima, centro balneare sul Mediterraneo, tra Tangeri e Melilla. Non ha la licenza, non potrebbe farlo, ma in mancanza d’altro si arrangia come può per mantenere la famiglia.

Quel giorno il responsabile di circoscrizione, una sorta di sindaco del quartiere, invia un camion della spazzatura, per distruggere il carico di pesce. Un provvedimento già minacciato, che questa volta diventa esecutivo perché sul banco improvvisato dell’ambulante c’è anche del pesce spada, la cui pesca è calmierata.

Mouhcine ha contratto un debito per acquistarlo. E quando si vede sequestrare le cassette, per difendere la sua speranza di sopravvivenza, sale sul camion, tenta di recuperare la merce, ma finisce nella ruota dentata che trita i rifiuti.

Le prime reazioni arrivano dal web. Qualcuno ha filmato la scena. La foto di quel corpo straziato diventa virale. È la “hogra”, denunciano, quell’arroganza del potere che schiaccia i più deboli. Il tam tam vola veloce e domenica, giorno dei funerali, al grido di “Siamo tutti Fikri”, la società civile scende in piazza.

La reazione politica è immediata: su ordine del re il ministro dell’interno apre un’inchiesta. Il nord, del resto, è da sempre zona sensibile. È da qui che sono partiti i movimenti di contestazione degli Anni ’80, repressi da Hassan II.

Le manifestazioni questa volta sono per lo più pacifiche, ma imponenti. In migliaia seguono l’inumazione del corpo di Mouhcine, persino donne, di solito escluse dai cortei funebri. La “zagharid”, urlo tipico delle nomadi, è l’accompagnamento musicale di quello che più che un funerale sembra una celebrazione pubblica, diffusa in diretta web.

“Shahid” e cioè “martire”, gridano. El Hoceima subisce danni: auto incendiate, vetrine rotte. I manifestanti si danno appuntamento a Tangeri, Tetouan, Nador, sulla costa, ma anche a Rabat, davanti al Parlamento, a Casablanca, fino a sud, a Marrakech. “Benvenuti alla Cop22, qui si triturano le persone” si legge su un cartello.

La legge che tenta di mettere ordine tra gli ambulanti, la maggior parte dei quali sono senza licenza, sta alzando un polverone in Marocco. Qualche mese fa, a Kenitra, una donna si è immolata, dopo il sequestro del pane che aveva preparato in casa per la vendita.

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