Scoppia il caso della cyber-propaganda, scontro totale tra Pd e M5S

Beppe Grillo e Davide Casaleggio
Beppe Grillo e Davide Casaleggio
Beppe Grillo e Davide Casaleggio

ROMA. – Due interrogazioni parlamentari, una denuncia, una replica al vetriolo via blog: tra Pd e M5S è scoppiata la guerra sul cyber-fango. Uno scontro partito ieri, quando il sottosegretario Luca Lotti ha inoltrato una querela per diffamazione nei confronti di una blogger che, attraverso il suo account twitter, lo aveva definito “mafioso”. La blogger ha un nome e un cognome: Beatrice Di Maio. E, secondo i Dem, sarebbe una pedina di una macchina di cyber propaganda pro-M5S che avrebbe il compito di diffondere notizie false contro il governo.

Accuse “ridicole” secondo il Movimento che in un post attacca: “il governo si occupi dei problemi del Paese, non di cyber-onanismo”. Il Pd, però, è di tutt’altro avviso. In una doppia interrogazione al governo – al Senato a firma di Andrea Marcucci e di Francesca Puglisi e alla Camera a firma di Emanuele Fiano – i dem fanno riferimento all’inchiesta de La Stampa sulla macchina del cyber-fango: “Esiste una struttura che lavora nel web con il compito di diffamare con notizie false il Pd e le istituzioni della Repubblica? Se vero, da chi è controllata e in che modo è organizzata?”.

La tesi dell’inchiesta giornalistica è infatti quella di una galassia di account pro-M5S che, attraverso un sistema di algoritmi e di ‘top mediator’, divulgherebbe esponenzialmente attacchi ai Dem che il Pd definisce una vera e propria “demonizzazione”. Incluse alcune notizie diffamatorie come quella all’origine della querela inoltrata da Lotti a Firenze.

“Per i nuovi complottisti di regime se un cittadino scrive su Twitter qualcosa a favore del M5S è un complotto. Sveglia! E’ una persona che scrive su twitter”, è la secca risposta che arriva dal blog di Beppe Grillo. Replica che scatena il contrattacco dei Dem. “La dottrina del “ciò che diventa virale è vero” è la vera macchina del fango praticata dal M5S, con video di un minuto e bugie che portano click e pubblicità nelle tasche di Grillo”, sottolinea Alessia Morani.

Ma chi è Beatrice Di Maio? Esiste davvero, giurano nel M5S mentre un altro account citato nell’inchiesta de La Stampa, “marionecomix”, replica con un autoscatto e un dito medio in primo piano “dedicato a chi credono sia un algoritmo”.

La questione, tuttavia, dopo il ‘caso’ delle bufale su facebook e twitter nel voto che ha portato al trionfo di Donald Trump, infiamma ulteriormente la campagna referendaria. Una campagna dove Grillo interviene in tackle sulle spese di Palazzo Chigi: “ci costa 236 milioni all’anno se consideriamo le sole uscite per il personale”, si legge nel post, intitolato “Renzi fuori i conti dei tuoi privilegi”.

Nel frattempo, però, il M5S deve fare i conti con la ‘grana’ delle firme false a Palermo. Alcuni dei parlamentari regionali siciliani sono stati sentiti dai Pm dopo che, nei giorni scorsi Claudia La Rocca e, sembra, un altro attivista hanno raccontato tutto l’accaduto, facendo anche i nomi degli esponenti coinvolti. “Vediamo se c’è un registro degli indagati e, come sempre non facciamo sconti a nessuno”, avverte Luigi Di Maio. E, l’impressione, è che la ‘scure’ del garante Grillo possa abbattersi presto.

(di Michele Esposito/ANSA)

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