Vola la crescita economica degli Stati Uniti, Pil sopra le attese

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ROMA. – Vola la crescita economica degli Stati Uniti nel terzo trimestre dell’anno, spianando la strada ad una stretta sui tassi da parte della Federal Reserve. Il Pil segna un incremento su base annualizzata del 3,2% dopo la seconda lettura diffusa dal Dipartimento del Commercio, in forte accelerazione rispetto al +2,9% della prima lettura. E il dato è risultato anche migliore delle stime degli analisti che avevano previsto una revisione al +3%. Si tratta della crescita più forte dell’economia americana negli ultimi due anni, dopo alcuni mesi di ripresa fiacca, col Pil sotto l’1,5% nei tre trimestri precedenti.

A spingere la crescita sono stati soprattutto i consumi, motore dell’economia a stelle e strisce, con un tasso di crescita del 2,8%, dato rivisto in meglio dal 2,1% precedente, quindi una netta ripresa delle esportazioni e un aumento della spesa federale, mentre restano ancora deboli gli investimenti aziendali. E proprio i consumatori sembrano molto ottimisti sul futuro con la fiducia ai massimi da luglio 2008.

Il relativo indice è balzato a novembre a 107,1 punti da 100,8 di ottobre. A questo punto, spiegano gli economisti, con una crescita economica in forte espansione, un mercato del lavoro florido (tasso di disoccupazione al 4,9%) e con un’inflazione che “sale a ritmi più veloci di quelli di inizio anno”, ci sono tutti gli ingredienti affinché la Banca Centrale Usa tagli i tassi per la prima volta quest’anno nella sua prossima riunione di dicembre.

Secondo l’agenzia di rating Fitch, la crescita economica degli Stati Uniti dovrebbe accelerare al 2,2% nel 2017 dall’1,5% sulla spinta della politica fiscale del nuovo presidente Donald Trump, che ha promesso di tagliare le tasse e aumentare la spesa pubblica per spingere ulteriormente l’economia.

Notizie positive per gli Usa e Corporate America arrivano anche dal settore finanziario. Le banche commerciali e le casse di risparmio americane hanno registrato nel loro complesso un rialzo del 13% dell’utile netto, al record di 45,6 miliardi di dollari nel terzo trimestre rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, secondo i dati diffusi dalla Federal Deposit Insurance Corporation, che conta 5.980 istituti membri.

Le aziende americane, soprattutto i produttori di shale oil, nel frattempo guardano con interesse al vertice Opec di Vienna. Un accordo sul taglio delle quote di produzione di petrolio con conseguente rialzo dei prezzi del greggio sarebbe infatti un vantaggio per loro.

Al momento però un’intesa tra i membri del cartello sembra si stia allontanando. L’Arabia Saudita ha detto di essere pronta “a respingere” un accordo se non vi parteciperanno tutti i Paesi Opec mentre l’Iran ha ribadito di non voler tagliare la sua produzione. Inoltre, tra i Paesi che non fanno parte del cartello, la Russia ha dichiarato ancora una volta che sarebbe disposta solo a “congelare” la produzione nel caso dell’accordo Opec.

Nell’attesa della riunione di Vienna il prezzo del petrolio è calato intorno ai 45 dollari al barile.

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