La Chiesa teme un paese diviso. L’Osservatore Romano, via impervia

Il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco
Il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco
Il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco

ROMA. – E’ un paese diviso quello uscito dalle urne. E’ questa la preoccupazione della Chiesa italiana, il giorno dopo il voto di ieri. “Il referendum e la campagna che l’ha preceduto hanno confermato le peculiarità di un paese ora diviso, nel quale a unire è semmai una comune diffidenza reciproca che si traduce in una stasi poco feconda sia sotto l’aspetto dell’azione di governo sia sotto quello del processo di riforma dello Stato”, sottolinea l’Osservatore Romano.

Dal Vaticano ora gli occhi sono puntati sul Quirinale ed è ancora il giornale della Santa Sede a sottolineare che “il Presidente Mattarella si trova a dover sciogliere una matassa piuttosto intricata”. Occorre subito uscire dalla crisi ma “il terreno appare piuttosto impervio”, scrive ancora l’Osservatore. La preoccupazione della divisione è anche nelle parole del presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Angelo Bagnasco: “Adesso è il momento di una grande responsabilità, a tutti i livelli. E’ l’ora di camminare insieme”.

Lo spettro della difficoltà a comporre un Paese lacerato dalla campagna referendaria è sottolineato anche dall’agenzia di stampa dei vescovi italiani. “Il voto referendario oltre ad affermare che gli italiani preferiscono conservare la Costituzione così com’è, porta con sé la consapevolezza di un Paese diviso”, scrive in un editoriale il direttore del Sir, Domenico Delle Foglie. “E conferma come l’Italia resti un Paese complesso che ha bisogno di classi dirigenti capaci di governare la complessità”, aggiunge definendo l’esito del voto la vittoria di “tutti gli ‘anti'”.

La Chiesa chiede dunque di ricomporre velocemente questo momento di divisione. Un risultato però è da tutti riconosciuto, quello di una massiccia partecipazione alle consultazioni, comunque atteggiamento sano in una democrazia. La Conferenza Episcopale Italiana, che aveva fatto un passo indietro non dando alcuna indicazione, aveva invece più volte rivolto l’invito proprio ad andare a votare.

La divisione comunque è anche presente nello stesso mondo cattolico: mai come questa volta c’è stato un voto in ordine sparso. Se il cosiddetto “popolo del Family Day”, guidato da Massimo Gandolfini, oggi esulta sui social network per il risultato del ‘No’, una sorta di ‘rivincita’ dopo le unioni civili, parecchie sono anche le anime non contente dell’esito di questa notte e che avrebbero invece preferito un segnale di stabilità politica e continuità.

Tra le organizzazioni cattoliche oggi a commentare è il Movimento Cristiano Lavoratori che mette in evidenza come il voto sulla riforma costituzionale abbia “diviso anziché unire”. “Adesso – dice il presidente Carlo Costalli – si deve lavorare ad una nuova legge elettorale”.

La rivista dei Gesuiti italiani “Aggiornamenti Sociali”, che nei giorni scorsi si era schierata per il Sì, oggi evidenzia che le riforme, per andare a buon fine, debbono essere condivise dall’inizio. E chiede, dopo “le cosiddette bufale” che sono circolate nella campagna referendaria, una nuova “etica della comunicazione”.

Infine dal convento dei francescani di Assisi la voce di padre Enzo Fortunato, direttore di sanfrancesco.org: “E’ stato il no delle famiglie povere che non arrivano a fine mese, stanche della politica e dei politici. Il Paese bocciato dai paesi”.

(di Manuela Tulli/ANSA)

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