Lacrime d’addio per Obama: “Ma non mi fermerò qui”

WASHINGTON. – Anche per lui, il ‘presidente cool’, o forse soprattutto per lui, Barack Obama, primo presidente nero degli Stati Uniti, l’ultimo saluto all’America prima di lasciare la Casa Bianca è un’emozione che non gli consente di trattenere le lacrime. Ed è un appello, a non tradire i valori americani, e una promessa: “Non mi fermerò qui”. “Yes we can! Yes we did! Yes we can!”, ha scandito il suo ‘arrivederci’ dal palco di Chicago, dove è tornato per chiudere il cerchio davanti a 20mila persone accorse per ascoltarlo, ancora, commosse.

Nella città adottiva, là dove è cominciata la sua straordinaria avventura, dove nel 2008 il giovane senatore dell’Illinois neoeletto presidente lanciò il suo messaggio di speranza e cambiamento ad una folla in delirio che “sì, possiamo farlo”, la sua America ha chiesto ancora la sua guida e urlato “four more years” (altri quattro anni).

Nonostante una presidenza criticata, osteggiata, divisiva secondo alcuni, impresa incompiuta agli occhi di altri. Obama ha difeso il suo lavoro: “Oggi l’America è migliore”, ha rivendicato con forza. La legalizzazione delle nozze gay e il salvataggio dell’industria dell’auto sull’orlo della bancarotta dopo la grande crisi, un nuovo capitolo nei rapporti con Cuba, l’accordo con l’Iran sul nucleare, l’eliminazione di Osama bin Laden, l’Obamacare.

“Se ve lo avessero detto otto anni fa… Ma l’abbiamo fatto. Lo avete fatto voi. Voi siete stato il cambiamento”. L’elenco dei risultati raggiunti nel corso dei quasi tremila giorni dei suoi due mandati presidenziali non è stato però il cuore dell’ultimo discorso da presidente. Il cuore del messaggio è stato piuttosto sui valori che rendono l’America ‘eccezionale’, e che non vanno traditi in nessun modo. E per i quali lui continuerà a combattere anche fuori dalla Casa Bianca: “E’ stato un onore servire gli americani, non mi fermerò. Continuerò a farlo per il resto dei miei giorni”.

Non ha citato mai Donald Trump, se non per dire che farà di tutto per agevolare la transizione con il suo successore. Ma ha affermato chiaro e forte come il futuro del Paese dipenda proprio dalla salvaguardia di quei principi di libertà, uguaglianza, democrazia che furono dei padri fondatori. E ha messo in guardia da un ritorno indietro sul fronte delle discriminazioni razziali nei confronti di tutte le minoranze, a partire da quella afroamericana: “Servono le leggi, anche se queste non bastano. Devono cambiare i cuori”.

Quindi il monito a non trasformare l’America facendola diventare come altre potenze “rivali”: la Russia e la Cina. Paesi che “non possono eguagliare la nostra influenza nel mondo, a meno che non siamo noi a mollare quello in cui crediamo e ci trasformiamo in un altro grande Paese che fa il prepotente con i vicini più piccoli”.

Così Obama ha spiegato che la sua vera eredità è la traccia lasciata, un solco lungo il quale continuare a lavorare. “Qui (a Chicago) ho imparato che il cambiamento accade soltanto quando la gente comune è coinvolta e impegnata, e insieme lo pretende. E dopo otto anni da presidente lo credo ancora”.

E la folla, in una notte magica, ha già nostalgia di Obama. Di quella first family ‘perfetta’ e discreta, della first lady Michelle alla quale ha dedicato una standing ovation. Sedeva tra la folla con la figlia maggiore Malia. E al momento dei ringraziamenti Barack ha cominciato proprio da Michelle: “Non solo mia moglie, la madre dei miei figli, ma la mia migliore amica. Mi hai reso orgoglioso, hai reso orgogliosa l’America”, ha detto con la voce rotta, fino alle lacrime quando ha ringraziato anche le figlie Malia e Sasha: “Di tutto ciò che ho fatto, essere vostro padre è ciò che mi rende più orgoglioso”.

(di Anna Lisa Rapanà/ANSA)

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