Italia-Ue: il vero problema è la mancanza di competitività

Padoan spiega la manovra e Moscovici e Dombrovskis
Padoan spiega la manovra e Moscovici e Dombrovskis

BRUXELLES. – Il vero problema dell’Italia è la mancanza di competitività e quindi di crescita: concentrarsi sulla ‘battaglia dei decimali’ è forviante, mette in secondo piano il nocciolo del problema e alimenta euroscetticismo e populismo. Visto da Bruxelles con il necessario distacco dai risvolti politici e ‘muscolari’, il confronto in atto tra Roma e Bruxelles sugli interventi necessari per correggere la dinamica del deficit pubblico dello 0,2% assume caratteristiche alquanto singolari.

Innanzi tutto, in nessun altro Paese dell’Eurozona il richiamo della Commissione europea – anche in ragione del suo scarso peso specifico rispetto ai grandi numeri dell’economia – avrebbe assunto la dimensione di psicodramma come successo da noi.

In un clima politico condizionato da elezioni incombenti ma non si sa quanto imminenti, il confronto tra Italia e Ue è stato invece strumentalizzato in tutti i modi possibili e immaginabili.

Padoan spiega la manovra e Moscovici e Dombrovskis

Che non riesce a imboccare con decisione la strada delle indispensabili riforme nonostante gli appelli e gli allarmi che vengono ciclicamente lanciati, seppure con argomenti diversi e a volte contrapposti, da tutte le parti sociali. Perchè senza riforme – è il ritornello degli esperti – non ci può essere né recupero di competitività, né il tanto auspicato rilancio di crescita e occupazione. Con buona pace del ricorso alla sola spesa pubblica.

Lo 0,2 chiesto da Bruxelles (con il conseguente rischio di apertura di una procedura per debito eccessivo) va quindi visto come il ‘minimo sindacale’ che le colombe della Commissione Ue guidate da Pierre Moscovici hanno chiesto all’Italia – in uno scenario interno e internazionale così complesso e delicato come quello attuale – per salvare capra e cavoli.

Ovvero fermare gli appetiti degli ‘squali’ di Wall Street e della City – e di chi è pronto a speculare sul caos – affermando che le regole che governano l’Eurozona ci sono e resistono. E allo stesso tempo non infierire su un Paese già in difficoltà, in preda a una profonda crisi politica e in grado, nel peggiore degli scenari, di far saltare le fondamenta della costruzione europea.

Un equilibrio delicato che potrebbe spezzarsi da un momento all’altro se l’inflazione e i tassi d’interesse torneranno a correre. La speranza è che abbia ragione la Bce nel prevedere che questo scenario non è destinato a realizzarsi “per un prolungato periodo di tempo”.

(di Enrico Tibuzzi/ANSA)

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