Primo embrione artificiale, aiuterà a capire le malattie

ROMA. – Il primo embrione artificiale è una realtà. E’ un embrione di un topo e si è formato in laboratorio da cellule staminali che, sotto gli occhi dei ricercatori, si sono assemblate e organizzate spontaneamente in una struttura tridimensionale. Descritto sulla rivista Science, il risultato per la prima volta permette, in linea di principio e solo teoricamente, lo sviluppo di un individuo fuori dall’utero, anche se questa è solo possibilità teorica e applicabile solo in alcuni settori, come la zootecnia.

Dopo anni di tentativi, è stato raggiunto uno dei risultati più attesi dalla biologia dello sviluppo e considerato la chiave per rispondere a tante domande ancora aperte, come i meccanismi all’origine di molte malattie, le cause dell’infertilità maschile o ancora perchè nove embrioni su dieci non riescono ad attecchire nell’utero.

L’embrione artificiale è stato ottenuto nell’università britannica di Cambridge da Sarah Harrison e da una veterana dell’embriologia, Magdalena Zernicka-Goetz, allieva del pioniere della biologia dello sviluppo John Gurdon. Le ricercatrici hanno ottenuto l’embrione cercando di mimare il più possibile il mix di cellule che in condizioni naturali contribuisce a generare un nuovo individuo.

Il punto di partenza sono state sia le cellule staminali che formano organi e tessuti sia quelle del tessuto che nutre l’embrione, chiamato trofoblasto e dal quale ha origine la placenta. L’embrione artificiale ha quindi il necessario per svilupparsi e nutrirsi, anche se le ricercatrici rilevano che manca una tessera: le cellule da cui si forma il sacco vitellino che nutre l’embrione nelle primissime fasi di sviluppo.

E’ stato utilizzato invece un terzo tipo di cellule, specializzate nel costituire l’impalcatura sulla quale si è sviluppato l’embrione. Una volta messe a contatto, tutte le cellule hanno cominciato a parlarsi e grazie a questo dialogo si sono organizzate in una struttura tridimensionale fino a svilupparsi “al posto giusto nel momento giusto”, come ha osservato Magdalena Zernicka-Goetz.

Un’altra grande novità del risultato è la struttura 3D, che permette di osservare non solo le cellule stesse, ma come siano condizionate dalla posizione che occupano. Confrontato con un embrione normale, quello artificiale ha mostrato di seguire lo stesso andamento nello sviluppo e di essere completo sotto tutti gli aspetti, compresa la formazione delle cellule germinali destinate a diventare ovuli e spermatozoi e quella della cavità amniotica nella quale l’embrione si sviluppa.

(di Enrica Battifoglia/ANSA)

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