Mattarella: “Il carcere sia occasione di recupero”

ROMA. – “Garantire diritti alle persone detenute non è altra cosa rispetto all’obiettivo di garantire la sicurezza, di rendere le nostre città e le nostra società più sicure”. La presidente della Camera, Laura Boldrini, fotografa con questa affermazione la presa di coscienza con cui negli ultimi anni si è cercato un approccio diverso sulle carceri. E gli fa eco il presidente Sergio Mattarella che in un messaggio sottolinea come il reinserimento dei detenuti è un dovere dello Stato sancito dalla Costituzione:

“E’ la Carta fondamentale a sancire che la pena, nel rispetto della dignità e dei diritti fondamentali dell’uomo, deve favorire il reinserimento sociale di chi ha sbagliato e lo Stato ha il compito di offrire una occasione di recupero attraverso l’impegnativo percorso di rieducazione. Al Garante nazionale – aggiunge il capo dello Stato – spetta di vigilare affinché sia pieno il rispetto dei diritti fondamentali del detenuto e di promuovere le attività utili al suo reinserimento nella società.

Il richiamo della Corte di Strasburgo del 2013, che ha imposto all’Italia un cambio di passo, “è stato declinato in positivo”, osserva il Garante dei detenuti, Mauro Palma, una figura nuova, un’autorità indipendente istituita proprio sulla scia di quella sentenza che bollava le carcere italiani come luoghi in cui la dignità umana viene compromessa, ci sono però, “criticità che si riaffacciano”, per quanto riarda il sovraffollamento, e preoccupa la questione non ancora affrontata della “qualità” della pena detentiva.

Mancano, nonostante gli interventi normativi tesi a ridurre il ricorso alla carcerazione, in favore di pene alternative, 10mila posti letto: “A fronte di 55.827 detenuti i posti disponibili sono 45.509” e “vi sono situazioni in cui si ha un affollamento che è quasi del trecento per cento rispetto alla capienza. E spesso le sezioni più affollate sono quelli femminili”.

Il numero dei detenuti nelle carceri italiane è andato diminuendo dal 2013, quando si raggiunse la soglia di 62.536, ma “nel 2016 questo trend si è modificato con un leggero aumento delle presenze, che al 31 dicembre 2016 erano 54.632 e al 14 febbraio 2017 sono 55.713, con un incremento di oltre 1000 unità”.

“Ma più preoccupante – incalza Palma, che per anni si è speso in Italia e in Europa contro la tortura – è il profilo qualitativo della detenzione”. Su questo punto le aspettative si concentrano sul disegno di legge delega sull’ordinamento penitenziario uscito dalla discussione degli Stati generali.

“Lo Stato – ha sottolineato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella – ha il compito di offrire una occasione di recupero attraverso l’impegnativo percorso di rieducazione”. Il fine ultimo è il reinserimento. E’ per questo che il Garante formula una serie di raccomandazioni: sul lavoro carcerario, sul piano burocratico, contro il “paradosso” di entrare da regolari e uscire irregolari per non essere riusciti a rinnovare il permesso di soggiorno, e ancora fare entrare internet nelle carceri e organizzare gli spazi con un “sistema dinamico di gestione della sicurezza”.

Anche il carcere, detto in sintesi, deve aggiornarsi. A cominciare dal linguaggio, anacronistico e vittimizzante, un “linguaggio per i mai adulti”, con termini come “spesino” o “domandina” che è l’istanza per un permesso. “Il linguaggio – viene sottolineato – è solo una delle manifestazione della tendenza ad attivare processi di infantilizzazione nelle persone detenute”, e “tale sistema spinge a vivere ogni rifiuto come un sopruso, alimentando un atteggiamento di vittimizzazione e un senso di ingiustizia subito: l’esatto contrario del processo di assunzione di responsabilità”, quando invece è ormai assodata “l’efficacia dei percorsi di responsabilizzazione”.

(di Melania Di Giacomo/ANSA)

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