Ue si prepara per un’Irlanda unificata dopo la Brexit

BRUXELLES. – Irlanda, Gibilterra, Scozia: si moltiplicano gli spettri sulla strada della Gran Bretagna verso il suo divorzio dall’Unione europea. I 27 leader europei, riuniti domani a Bruxelles per approvare le linee guida che governeranno il negoziato per la separazione, si preparano infatti a riconoscere la possibilità di un’Irlanda unificata nella Ue dopo la Brexit, evocando così una nuova preoccupazione per il Regno Unito.

Un nuovo grattacapo per Londra, che va ad aggiungersi ad una lista già lunga, in cui oltre alla questione finanziaria di un conto da pagare all’Unione che potrebbe rivelarsi più salato della cifra dei 60 miliardi circolata informalmente fino ad ora, figura anche l’accordo bilaterale con Madrid a cui l’Ue condiziona l’estensione a Gibilterra della futura relazione di libero commercio, e i venti di secessione che spirano dalla Scozia di Nicola Sturgeon.

Fonti europee danno infatti per certa la richiesta del premier irlandese Enda Kenny di aggiungere una dichiarazione, alle minute della riunione, in cui i 27 confermano l’adesione automatica dell’Irlanda del Nord all’Ue, nel caso di una futura unificazione, sull’esempio di quanto avvenuto con la Germania nel 1990.

Una dichiarazione in cui vengono ripresi i termini dell’accordo del Venerdì santo, che nel 1998 aveva messo fine a decenni di violenza, prefigurando anche l’eventualità di un referendum per riunire il Paese, a patto che la maggioranza della popolazione dell’Ulster ne dimostri l’appetito.

D’altra parte la questione della frontiera irlandese è già stata indicata dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk come uno dei tre punti chiave, assieme alla garanzia dei diritti per i cittadini e il rispetto di tutti gli obblighi finanziari da parte della Gran Bretagna verso l’Unione.

E anche se fonti europee sdrammatizzano, tutto questo parlare della riunificazione irlandese alimenta i timori di chi in Gran Bretagna teme che la Brexit rafforzerà la campagna dei secessionisti. Mentre Londra, secondo resoconti di fonti diplomatiche sulla cena di mercoledì tra il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker e la premier Theresa May, sembra non aver preso ancora piena coscienza delle conseguenze del negoziato.

L’Ue invece si presenta compatta all’appuntamento del summit di domani, con la questione degli impegni finanziari della Gran Bretagna a fare da principale collante. Anche se, da una prima valutazione, per il futuro quadro finanziario dopo il 2020, per l’Italia l’impatto dovrebbe essere marginale, limitato, sia nel caso in cui il buco di bilancio lasciato dal Regno Unito venisse rimpinguato dai contributi dei rimanenti 27 Stati membri, sia nel caso di una riduzione del bilancio comunitario tout court.

Ma le questioni divisive anche in seno al blocco sono dietro l’angolo: una tra queste, la ricollocazione dell’agenzia del farmaco (Ema) e dell’Autorità bancaria europea (Eba), che vedono la candidatura di una ventina di Paesi su 27, tra cui l’Italia. Criteri, procedure e tabella di marcia per i trasferimenti saranno comunque decisi nel vertice di giugno.

(di Patrizia Antonini/ANSA)