A sinistra tutti contro Renzi, Berlusconi stoppa Salvini

ROMA. – Il Pd e Matteo Renzi sono al centro di un fuoco di critiche, dopo i ballottaggi. E’al segretario e alla sua linea che imputano il risultato deludente sia la minoranza Dem sia Mdp e Si, con cui pure era alleato in alcune città. Ma a sorprendere sono le divisioni emerse tra i vincitori di questa tornata, con Matteo Salvini che rivendica la propria leadership e chiede una legge elettorale maggioritaria, subito messo in riga da Silvio Berlusconi che ribadisce la propria centralità e la preferenza per una legge proporzionale.

Renzi sui social ha rilanciato un grafico che ricorda come il centrosinistra, tra i due turni, abbia vinto 67 comuni rispetto ai 59 del centrodestra e agli 8 dei M5s. Ma alcune sconfitte, ha ammesso Lorenzo Guerini, “bruciano” come Genova e L’Aquila. Andrea Orlando, ha incalzato Renzi chiedendogli di “provare a convocare un tavolo di tutte le forze che si riconoscono nel centrosinistra”, e il prodiano Franco Monaco, oggi vicino a Pisapia, ha rilanciato “un centrosinistra unitario, largo e plurale”, come propone l’ex sindaco di Milano.

Ma a sinistra del Pd, tra i fuoriusciti di Mdp e SI, questa soluzione non piace: “l’unica strada è archiviare definitivamente le politiche errate del renzismo” ha detto Roberto Speranza, e Nicola Fratoianni, ha detto di lavorare a un “discontinuità” con i governi a guida Pd.

Diventa difficile per Orlando proporre a Renzi alleanze con chi con le vuole. Ed ecco così che anche la maggioranza interna del Pd si dice contraria all’abbraccio con Piasapia: “Il modello Pisapia ha perso a Genova” ha detto Matteo Orfini. “Non parli ai nuovi esclusi – ha aggiunto – mettendo insieme una accordo di ceto politico, ma se metti in campo un progetto politico chiaro e omogeneo che ha l’ambizione di cambiare le cose”; quindi “concentriamoci sul Pd”. E poi “le continue frizioni” dentro una coalizione rissosa, dice Dario Parrini, hanno fatto perdere.

Se le divisioni tra gli sconfitti sono la fisiologia, quelle tra i vincitori sono inconsuete: ma è ciò che accade nel centrodestra. Salvini ha detto di voler “esportare a livello nazionale” il modello Genova, cioè un centrodestra unito con la Lega primo partito, in grado di porre veti su altri alleati (ad esempio “mai con Ap di Alfano”). Per far ciò occorre una legge elettorale di tipo maggioritario, che implica stabilire prima del voto chi è il candidato premier. Idea che piace a Giorgia Meloni che parla di una “fotografia di Genova”, con un ruolo per il governatore ligure Giovanni Toti.

Ma Berlusconi ha idee diverse e punta a “una coalizione caratterizzata da un chiaro profilo liberale, moderato, basato su radici cristiane”. E sulla legge elettorale è meglio un sistema proporzionale che recuperi quanti si sono astenuti, evitando la necessità di decidere prima chi sarà il candidato premier. Salvini ha evitato di polemizzare, limitandosi a dichiararsi “liberale e moderato”.

Alfano confida nella linea Berlusconi: “Alternativa Popolare c’è ed è determinante”, come si è dimostrato a Genova e altre realtà in cui il centrodestra ha vinto grazie ad AP. I veti di Salvini, sono controproducenti, sottolinea Maurizio Lupi.

Lo sconfitto del Primo turno, M5s, si consola con le affermazioni in alcune città come Carrara e Guidonia. “Ogni maledetta elezione il M5S continua a crescere” ha detto Beppe Grillo per incoraggiare i suoi. Poi, di fronte alle future difficoltà, ha invitato a serrare le fila: “o andiamo avanti come squadra o cederemo un centimetro alla volta, fino alla disfatta”.

(di Giovanni Innamorati/ANSA)

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