Legenda o leggenda?

E' una leggenda...
E’ una leggenda…

 

Vi sarà capitato di leggere la parola “leggenda” a volte con una sola elle (legenda) e altre volte con la doppia elle (leggenda).

A voi, no? Comunque, a me è capitato.

Quando ero più giovane, di fronte a quella che io credevo un’incertezza di scrittura, propendevo a spiegarla col fatto che i testi da me letti, probabilmente, fossero d’epoche differenti, e che la lingua durante la sua evoluzione si fosse stabilizzata con degli adattamenti migliorativi che avrebbero fissato la parola nella forma grafica più attuale, e quindi più rispettosa della sua forma fonetica. Condizionato, com’ero, dal diffuso pregiudizio secondo cui gli antichi siano primitivi rispetto alle generazioni successive. Pregiudizio che andrebbe subito eliminato!

Ora, però so, che esse sono due parole diverse; e che, pur avendo la stessa origine, pur significando – in fin dei conti – la stessa cosa, le due parole designano due cose diverse; esse hanno due referenti differenti. La prima, legenda, è il gerundivo del verbo latino, e significa “cose da leggersi”; e si usa quando si vuole indicare come devono essere interpretati alcuni segni grafici utilizzati convenzionalmente, o altri tipi di abbreviazioni; la seconda è già un sostantivo della lingua italiana, e, pur significando all’origine “cose da leggersi”, oggi sappiamo che essa è il termine tecnico per indicare un genere letterario, la “leggenda” appunto: un “racconto fantastico che in maniera didascalica tende a spigare l’origine di nomi, fatti, tradizioni”.

Ma andiamo con ordine. Abbiamo detto che l’origine delle due parole è il verbo latino lego/lègere (primo significato: leggere). Del verbo lego, la forma “legenda” è il gerundivo. Per chi non ha studiato – o non ha studiato bene – il latino, aggiungo che si tratta di un aggettivo verbale, una specie di participio passivo, come agenda (“cose che si devono fare”), merenda (“cose che si devono meritare”), e tante altre simili che presentano identico suffisso. Questo aggettivo verbale – chiamiamolo così – nella lingua italiana si è trasformato in un sostantivo, caratterizzato proprio dal caratteristico suffisso.

Moltissime forme di questi ex gerundivi latini li usiamo ancora, come: agenda, azienda, bevanda, faccenda, filanda, lavanda, locanda, miranda, mutanda, reverendo, serranda, venerando, veranda; oltre a leggenda, naturalmente. L’originaria forma con la terminazione “a” o è un femminile singolare, oppure è un neutro plurale: nel caso del verbo lègere significa, rispettivamente, o “cosa da leggere”, o “cose da leggere”.

Perciò, le ”legenda” (a parte la novità dell’articolo, è ancora una parola della lingua latina) sono le cose che devono essere lette. Analogamente agenda (dal latino: ago = fare), cose che si devono fare; azienda (sempre da ago ma con diverso esito fonetico e diverso significato, più o meno affine); bevanda …. E qui lascio a voi il compito dell‘interpretazione. Faccenda (facienda, da facio = fare), filanda, lavanda, locanda, miranda (da miror = ammirare), ecc.

Allora, per concludere: la parola “legenda” viene usata per spiegare come si devono leggere i segni grafici di alcune rappresentazioni simboliche (carte geografiche, diagrammi, ecc.). Così le “legenda”, sono l’indice dei segni grafici e le relative declaratorie. Mentre la “leggenda” è il racconto fantastico che spiega origini di parole, di riti, o di altri fatti strepitosi, in cui è centrale l’episodio di qualche metamorfosi (trasformazione).

Anche queste mie chiacchiere sono tutte cose che “si devono leggere”. Da chi ne è interessato, naturalmente.

Luigi Casale