Bankitalia: nuovo record del debito pubblico, 2.281 miliardi

Banca Veduta esterna della sede della Banca d'Italia, Palazzo Koch, a Roma. Bankitalia
Veduta esterna della sede della Banca d'Italia, Palazzo Koch, a Roma. ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Veduta esterna della sede della Banca d’Italia, Palazzo Koch, a Roma.
ANSA/ALESSANDRO DI MEO

ROMA. – Ancora un record, negativo, per il debito pubblico italiano. A giugno, come ha certificato la Banca d’Italia, il debito delle amministrazioni pubbliche è salito di altri 2,2 miliardi rispetto a maggio, portandosi a 2.281,4 miliardi. Aspre le critiche di opposizioni e consumatori, che puntano il dito contro i ‘facili’ festeggiamenti per il buon andamento del Pil mentre non si riesce a scalfire il fardello del debito che è cresciuto, secondo il Codacons, del 15% in 5 anni, pesando oggi sulle spalle “di ogni cittadino, neonati compresi” per “37.646 euro”.

Ma il governo continua a ribadire che la dinamica finalmente è sotto controllo e che, anzi, da quest’anno il rapporto con il Pil inizierà, seppur lievemente, a scendere. E conferma, per voce del viceministro dell’Economia Enrico Morando, che il programma di privatizzazioni andrà avanti.

Il nuovo incremento del debito, si legge nel fascicolo ‘Finanza pubblica, fabbisogno e debito’ di Palazzo Koch, si deve al fabbisogno delle amministrazioni pubbliche (8,4 miliardi), che è stato compensato soltanto in parte (per 6,3 miliardi) dalla diminuzione delle disponibilità liquide del Tesoro, che sono scese a 52,6 dai 92,5 miliardi di fine giugno 2016. In particolare, è salito di 4 miliardi il debito delle Amministrazioni centrali, mentre quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 1,9 miliardi.

Invariato il debito degli Enti di previdenza. Tra l’altro per effetto degli slittamenti di diverse scadenze fiscali anche le entrate a giugno sono risultate in calo di 13,5 miliardi.

Oltre ai benefici che possono derivare da una maggiore crescita, uno dei principali strumenti su cui conta l’esecutivo è quello delle privatizzazioni, con l’obiettivo di ottenere proventi pari allo 0,3% del Pil fino al 2020 (circa 5 miliardi l’anno) a partire dal 2017. Un processo interrotto però nel 2016 per le “condizioni di mercato” sfavorevoli, ricorda Morando, sottolineando che oggi “non sono più presenti sui mercati quelle situazioni critiche”.

Il programma quindi “è scritto e si farà e, assicura, “tutte le opzioni sono in campo, nessuna delle ipotesi discussa nel recente passato è tramontata”, compresa quella di conferire a Cdp le quote delle grandi partecipazioni del Tesoro. Per quest’anno era attesa l’Ipo di Fs che non avverrà, come ha spiegato nei mesi scorsi lo stesso ad Renato Mazzoncini, prima del 2018, una seconda tranche di cessione di quote di Poste.

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