Bankitalia e Uif, più difese contro i foreign fighter

Bankitalia e Uif, più difese contro foreign fighter
Bankitalia e Uif, più difese contro foreign fighter

 

 

ROMA. – L’Italia, paese di transito e retroterra logistico dei terroristi legati all’Isis, alza le difese finanziarie contro il fenomeno dei ‘foreign fighters’, giovani spesso europei che dopo aver combattuto in Iraq e Siria ora tornano nel Vecchio Continente. Soggetti che si dedicano a organizzare attività di proselitismo o attacchi grazie a somme di denaro relativamente basse. Flussi che transitano su canali meno in vista di quello bancario o attraverso piccoli ‘trucchi’ per dare meno nell’occhio.

E così la Banca d’Italia e la Uif, l’unità di informazione finanziaria che vigila anche sui fenomeni corruttivi e di riciclaggio, hanno chiesto aiuto a banche e operatori come Money Transfer o società finanziarie affinché siano le prime ‘antenne’ nel segnalare persone o movimenti di denaro sospetti. Indicazioni contenute in una comunicazione che si aggiunge a quella emessa ad aprile e che, solo per caso, arriva dopo i recenti fatti di cronaca che hanno visto terroristi con un legame con l’Italia, visto che era già in preparazione.

Non si tratta di nuove norme, il sistema bancario è infatti già pieno di regole formali stringenti e sottoposto a una vigilanza decisa e intrusiva. Piuttosto si chiede una collaborazione, a chi materialmente si relaziona con i clienti, nell’avere una ‘sensibilità’ in più oltre che un fattivo supporto da parte dei vertici aziendali.

Senza arrivare a quanto visto in altri paesi stranieri, come la Francia (dove linee guida dettagliate indicano tutta una serie di caratteristiche, anche personali, dei potenziali sospetti) si elencano una serie di trucchi che il terrorista di ‘ritorno’ utilizza.

Nella comunicazione le due autorità italiane citano l’uso di carte ricaricabili e prepagate, il riattivarsi improvviso di conti inattivi mediante depositi di valute straniere, bonifici anomali, l’utilizzo di intermediari per operare con paesi come Siria e Iraq e la richiesta di finanziamenti o prestiti personali che non sono usati per acquistare dei beni o le cui rate non vengono pagate.

Ovviamente i nomi di persone o organizzazioni nelle black list stilate a livello internazionale vanno consultati ma le autorità ricordano come l’Isis possa disporre di documenti falsi o contraffatti e perciò occorra andare oltre il mero controllo formale e considerare tutti gli elementi.

Va detto che il sistema finanziario sta rispondendo già da qualche mese. Le segnalazioni alle autorità, in Italia come in altri paesi, sono in crescita esponenziale. Non è un lavoro da poco. Alcune organizzazioni private cifrano in 30mila i foreign fighters anche se non sono disponibili, nè a livello ufficiale nè da parte di altri soggetti affidabili, delle stime sui valori finanziari a loro riconducibili.

Nella sua relazione per il 2016 la Uif sottolineava come il gruppo Egmont, che riunisce le unità finanziarie di oltre 150 Paesi, aveva attivato uno “specifico progetto sulle caratteristiche finanziarie dei foreign terrorist fighters” e ha condiviso “una rilevantissima quantità di dati”, “sulla base delle transazioni finanziarie effettuate da persone sospettate di appartenere o supportare l’Isis e da soggetti a esse collegati.

Operazioni compiute da oltre 38 mila nominativi, una massa di dati quindi molto impegnativa da gestire. La Uif è però andata oltre la mera verifica e ha attuato “una serie di accessi ispettivi, assicurando la riservatezza delle informazioni, per verificare la presenza di tali nominativi negli archivi di alcuni gruppi bancari selezionati”.

(di Andrea D’Ortenzio/ANSA)

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