Manovra in salita, senza Mdp in Senato voti sul filo

L'aula del Senato
L’aula del Senato durante l’intervento del senatore a vita, Giorgio Napolitano. ANSA/CLAUDIO PERI

 

ROMA. – Manovra in salita. Nella commissione Bilancio del Senato, con la ‘svolta’ di Mdp, quattordici senatori sono ora dell’ “opposizione” contro dodici della “maggioranza”. Nella migliore delle ipotesi, vale a dire se Verdini e Ala si schierassero anche in questo caso a sostegno del governo, sarebbero tredici contro tredici: un risultato che, per il regolamento del Senato, non basterebbe comunque ai partiti di maggioranza ad incassare l’ok su emendamenti e ddl perché in caso di parità di voti le proposte, secondo il regolamento, non risultano approvate.

Dopo l’uscita formale di Mdp dalla maggioranza, alle porte dell’avvio della sessione di Bilancio a Palazzo Madama, i partiti che sostengono l’Esecutivo almeno sulla carta non hanno la maggioranza in commissione Bilancio, dove si consumerà il primo round della manovra. Tutti confidano sulle assenze strategiche, soprattutto di Forza Italia.

A suonare il primo campanello di allarme è il presidente della commissione Bilancio, Giorgio Tonini: “L’uscita formale di Mdp dalla maggioranza rende i numeri, in commissione in particolare, molto stretti – osserva – e questo metterà alla prova la tenuta del lavoro della commissione che già di per se si regge sul delicato rapporto fra governo-maggioranza da una parte e opposizioni dall’altro”.

Equilibri fragili dunque e ai quali rischia che si sommi l’ostruzionismo. Se anche solo un partito di opposizione, avverte sempre Tonini, decidesse di tirare per le lunghe i lavori parlamentari il destino si scriverebbe da solo: la manovra approderebbe in Aula senza relatore, dice, e il governo sarebbe a quel punto nei fatti autorizzato a mettere la fiducia su un proprio maxiemendamento che non rispecchierebbe la discussione effettuata. E a “rimetterci” sarebbe il Parlamento, spogliato del ruolo da coprotagonista.

A dieci giorni dall’approvazione della manovra a Palazzo Chigi, intanto però, il testo non è ancora approdato alle Camere e dunque c’è chi avanza l’ipotesi che il timing fissato possa essere modificato, rinviando l’avvio dell’esame, audizioni comprese, a dopo le elezioni regionali in Sicilia fissate per il 5 novembre.

Un ritardo passato in sordina a causa dell’esame da parte del Senato (dove quest’anno prenderà appunto il via anche la sessione di Bilancio) della legge elettorale ma che potrebbe far accavallare l’iter del decreto fiscale a quello della manovra mettendo a rischio un andamento ordinato dei lavori.

Proprio per sciogliere gli ultimi nodi e accelerare l’invio del testo alle Camere il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in serata è stato a una riunione tecnica a Palazzo Chigi. L’obiettivo sarebbe proprio quello di chiudere il provvedimento e inviarlo in tempo utile a mantenere il calendario parlamentare ipotizzato finora che vedrebbe le audizioni fissate per il 30 e il 31 di ottobre.

(di Chiara Scalise/ANSA)

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