Berlusconi intesta la vittoria ai moderati e rilancia la propria leadership

Silvio Berlusconi, con Nello Musumeci. ANSA/ ORIETTA SCARDINO
Silvio Berlusconi con Nello Musumeci. ANSA/ ORIETTA SCARDINO

 

ROMA. – Il risultato delle elezioni siciliane fa sorridere Silvio Berlusconi. La due giorni di campagna elettorale sull’isola ha portato il risultato sperato. Non solo la vittoria di Nello Musumeci con il sostegno della coalizione unita ma, dato importante in chiave interna, l’affermazione di Forza Italia come primo partito del centrodestra con un distacco netto rispetto al ‘duo’ Salvini-Meloni.

Ma il leader della Lega riporta le distanze ricordando come i voti del Carroccio siano stati “determinanti” per l’elezione di Musumeci. Quasi a voler stoppare sul nascere il coro di Forza Italia sul ruolo imprescindibile del Cavaliere nel centrodestra. Il Cavaliere insomma sembra centrare l’obiettivo e cioè puntellare la sua leadership a cui ambisce senza mistero Matteo Salvini.

L’ex capo del governo aspetta che i risultati siano praticamente certi prima di parlare lasciando che la sue parole siano precedute da una cascata di commenti da parte di tutti i dirigenti azzurri pronti, in coro, a rimarcare come la decisione di prendere parte al rush finale della campagna elettorale siciliana da parte del Cavaliere sia stata determinante nella vittoria di Musumeci.

E che la conquista della Sicilia rappresenti per Berlusconi il volano per le elezioni politiche è scontato: “Il centrodestra moderato nel linguaggio è la sola alternativa al grave pericolo che il nostro Paese cada in mano al ribellismo, al pauperismo e giustizialismo”, è il ragionamento del leader azzurro.

Parole che tracciano la strategia che l’ex premier ha intenzione di perseguire per consolidare la sua guida e il primato di Fi nella coalizione: La differenza nella vittoria la fanno i moderati – è sostanzialmente il pensiero di Berlusconi – è solo un centrodestra con queste caratteristiche può battere il ‘nemico’ rappresentato dal Movimento Cinque Stelle.

Il Pd non viene mai chiamato in causa. E se il Rosatellum di fatto costringe i tre leader a stare insieme per avere chance di vittoria, la vera sfida interna è quella di avere il primato dei voti nella coalizione: Con noi primi – è il ragionamento che si fa ad Arcore – possiamo dare la carte indicando il presidente del Consiglio. Di nomi sulla scrivania del Cavaliere ce ne sono diversi, Antonio Tajani e Mario Draghi solo per citarne due. Due personalità di peso in Europa capaci di attrarre consensi oltre il perimetro azzurro.

Un piano che ovviamente cozza con le ambizioni del leader della Lega e di Giorgia Meloni. Non a caso la presidente di Fdi è tornata di nuovo in Sicilia per essere a fianco di Musumeci a voler ribadire il primato nella scelta del candidato ed il fatto che l’affermazione del neo presidente siciliano è innanzitutto una vittoria delle destre.

Una differenza di vedute che non preoccupa certo Arcore. Anzi, la convinzione dei fedelissimi di Berlusconi è che sia Salvini che la Meloni cerchino di differenziarsi per ottenere visibilità. Parallelamente alle elezioni politiche che restano per il Cavaliere la priorità in agenda, da risolvere con gli alleati c’è il ‘nodo’ della scelta del candidato alla presidenza della regione Lazio. Le elezioni sono previste nella primavera del 2018 e per il momento un nome sui cui convergere non c’è.

L’ipotesi di candidare il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi (nome che piace alla Meloni e alla Lega) non convince Forza Italia che invece opterebbe per una candidatura più moderata. Il rischio che tutti vorrebbero evitare è di ripetere quanto accaduto per le elezioni di Roma dove il centrodestra si presentò diviso.

(Di Yasmin Inangiray/ANSA)

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